La fama e una vita di successo portano lontano dal punto di vista della carriera e dei soldi. Ma essere una celebrità può anche far vivere di meno. Lo dimostra una ricerca pubblicata dai ricercatori australiani Richard e Catherine Epstein sulla rivista QJM: An International Journal of Medicine basata su un’analisi di 1.000 necrologi pubblicati a partire dal 2009 e fino al 2011 sul New York Times.
Partendo dal presupposto che, in genere, questi necrologi vengono scritti solo a coloro che hanno raggiunto almeno un briciolo di fama nella vita, i due ricercatori, grazie alla collaborazione con il dipartimento di informatica clinica del The Kinghorn Cancer Centre di Sydney, hanno monitorato il genere degli individui, l’età, la professione e la causa della morte, suddividendoli poi in quattro grandi categorie professionali: i dati di vip del mondo dello sport e dello spettacolo (attori, cantanti, musicisti, ballerini e atleti), artisti creativi (scrittori, compositori e artisti visivi); commerciali, militari e leader politici; infine, professionisti accademici e figure religiose.
I risultati hanno dimostrato come artisti, atleti, artisti e creativi tendessero a morire molto prima di accademici, religiosi, commerciali, militari, politici e professionisti. I nomi di noti personaggi dello sport e dello spettacolo, insomma, erano passati oltre prematuramente rispetto a quelli di altre professioni e alla durata della vita media americana (76 anni per i maschi e 81 anni per le femmine).
Tra le principali cause di morte incidenti, infezioni (compreso l’HIV) e alcuni tumori (come il cancro ai polmoni, molto probabilmente a causa dell’uso del tabacco). In generale, i decessi legati al cancro sono stati più frequenti nei personaggi dello spettacolo (27%) e nei lavoratori creativi (29%). Un po’ meno frequenti nelle figure professionali e accademiche (24%), nei leader militari e politici (20,4%) e nelle carriere sportive (18%). Le dipartite per cancro al polmone erano più comune nelle persone le cui carriere erano basate sulle prestazioni (7,2%) e meno comuni tra professionisti e accademici (1,4%).
“Un’analisi retrospettiva una tantum come questa non può dimostrare niente, ma solleva alcune interessanti domande. – hanno detto i ricercatori – In primo luogo, se è vero che gli artisti di successo e i giocatori sportivi tendono a godere di una vita più breve, ciò implica che la fama sopraggiunta in giovane età predispone a comportamenti di salute sbagliati in età avanzata, dopo che il successo è svanito? Oppure che le pressioni psicologiche e familiari favorite insolitamente dal successo con il pubblico implichino tendenze autodistruttive per tutta la vita?“.
I ricercatori hanno anche suggerito che i risultati potrebbero indicare come la fama possa derivare proprio da caratteristiche “speciali” di particolari tratti della personalità in grado di massimizzare le probabilità di successo, ma che, allo stesso tempo, le stesse capacità possano anche mettere in pericolo. È anche possibile che la celebrità aumenti la probabilità di uso di tabacco, alcool e droghe illecite. “Ognuna di queste ipotesi potrebbe essere vista come un allarme per la salute dei giovani che aspirano a diventare star“, concludono i ricercatori.
Ma se proprio la fama la si vuole a tutti costi, allora meglio diventare un accademico!