Il sogno degli eterni Peter Pan può essere coronato proprio dal continuare a far ciò che simboleggiava quell’età giovanile a cui ci si vorrebbe fermare: suonare una chitarra per dare un senso a una serata!!
Suonare uno strumento musicale infatti aiuta a mantenere la mente più giovane e scattante. Un recentissimo studio della Northwestern University negli States e pubblicato nell’ultimo numero della rivista scientifica on-line PLoS One, ha appurato che i musicisti tra i 45 e i 65 anni non hanno rivali tra i non artisti della musica in quanto a memoria e a capacità di udire distintamente i suoni delle parole in un luogo rumoroso.
Se sempre più studi confermano quanto studiare musica sia utile al cervello e renda gli studenti più idonei ad apprendere in classe anche altre materie, quest’ultima ricerca ha scoperto quanto la formazione musicale possa aiutare a compensare e a prevenire alcuni aspetti negativi della vecchiaia!
I ricercatori americani hanno testato 18 artisti e 19 non musicisti, tra i 45 e i 65 anni, prendendo in considerazione la loro abilità nel seguire un discorso nel rumore, la memoria di lavoro uditiva e visiva e le loro elaborazioni successive sempre a livello uditivo: i suonatori che avevano cominciato a praticare questa nobile arte fin da piccoli (a 9 anni se non prima) hanno primeggiato in tutte le categorie – tranne per quanto riguarda la memoria visiva, ambito nel quale entrambi i gruppi hanno dato risultati praticamente identici. Come mai?
Nina Kraus, direttore dell’Auditory Neuroscience Laboratory e coautrice della ricerca, non ha dubbi: le capacità uditive vengono esaltate dalla ripetuta esperienza di “estrarre suoni da un complesso paesaggio sonoro” e dalla attitudine al “ricordare sequenze di suoni” precedentemente apprese.
Questi miglioramenti a livello neuronale in chi è stato addestrato musicalmente non sono solo un effetto del tipo “manopola del volume”, ovvero non è che sono solo un’amplificazione di se stesse: infatti “suonare musica allena la loro abilità di estrarre modelli pertinenti, tra i quali il suono del proprio strumento, le armonie e i ritmi“.
Il suono per un musicista è come la vernice per un pittore: a questi mezzi espressivi gli artisti devono essere legati e devono essere con essi in sintonia, se vogliono e devono trasmettere il loro messaggio agli altri – il che implica che se il materiale su cui si lavora sono i suoni, la capacità non solo di metterli insieme per creare una melodia, ma anche quella di ricordali e quella di riprodurli fisicamente devono essere correlate.
Insomma l’esperienza musicale può davvero rafforzare quegli elementi che aiutano a combattere i problemi di comunicazioni dell’invecchiamento e quindi può essere un valido aiuto contro l’isolamento tipico della terza età, che, nelle peggiori delle ipotesi, può sfociare nella depressione.
La Kraus può per tanto sostenere a gran voce che ” una formazione musicale permanente – che duri cioè tutta la vita – sembra davvero poter conferire vantaggi proprio in due funzioni importanti, note per il fatto di diminuire con l’età: la memoria e la capacità di seguire un discorso anche nel rumore“.
Proprio la difficoltà di riuscire a comprendere un discorso nella confusione è una delle lamentele più comuni degli adulti che si avvicinano all’anzianità, ma la perdita dell’udito legata all’età può addirittura portare, come suddetto, alla depressione come conseguenza estrema del sentirsi del tutto isolati; anche se, bisogna pur dirlo, diventare sordi non è legato al riuscire o meno a seguire un discorso nel caos, tant’è vero che gli adulti con lo stesso profilo uditivo possono differire notevolmente nella loro capacità al riguardo.
In ogni caso, se non vogliamo che la mente almeno dei nostri figli non perda colpi con l’andare del tempo (almeno non troppi!) assicuriamo loro una valida istruzione musicale: oltre a riempire le loro e le nostre giornate – nella speranza che non siano troppo stonati! – sarà il modo migliore per “ottimizzare il sistema nervoso“.
Valentina Nizardo