Fare buon viso a cattivo gioco sarà anche diplomatico e farà felice colui al quale è rivolto, almeno momentaneamente, ma non fa certo bene a chi lo sfoggia!
Una ricerca americana pubblicata il mese scorso sull’Academy of Management Journal e condotta da un gruppo di psicologici della Michigan State University ha dimostrato che il sorriso forzato rovina l’umore perché ha un alto fattore deprimente. Tra l’altro rovinerebbe anche le prestazioni lavorative, proprio quelle che si vorrebbero migliorare con questo falso amico, perché ridurrebbe la concentrazione.
Quindi, se al lavoro vuoi essere produttivo, meno sorrisi e più bronci! E, anche se qualcuno ci chiamerà musoni, non importa perché sarà il nostro sistema nervoso a trarne giovamento in ogni caso.
Come sottolinea Brent Scott, professore assistente di management a capo della ricerca, “sorridere per il bene del sorriso può portare a esaurimento emotivo e questo è un male per l’organizzazione.”
Scott e i suoi hanno studiato le reazioni psicologiche di autisti di autobus di città durante un periodo di due settimane – e chi più di loro deve, o almeno dovrebbe, essere sempre gioviale e sorridente col pubblico col quale si trova sempre a contatto? Queste le conclusioni: il dover quasi per forza proiettare buon umore e sentimenti positivi agli altri anche quando si hanno le scatole girate, è un ottimo modo per arrivare, al contrario, a deprimersi. E la cosa è peggiore per le donne più che per gli uomini.
Un po’ come a dire non tenerti il rospo dentro ma sputalo fuori! Ma il punto è, questi rospi che è meglio buttar fuori, lo fanno davvero tramite le manifestazioni dei tratti facciali?
Come non tutti forse sanno esistono due tipi di emozioni, le elementari o fondamentali, come paura, rabbia, tristezza e gioia e le complesse o sociali, come vergogna, colpa, orgoglio, invidia, gratitudine e disprezzo. Ed è assolutamente vero che tutte si possono letteralmente leggere in volto. Perché Perché qualsiasi emozione, sia primaria che sociale, è la risposta dell’organismo a uno stimolo. E come tutti gli altri animali, anche l’uomo è programmato per rispondere agli stimoli esterni in un certo modo: si avranno pertanto reazioni organiche interne che modificano il normale andamento delle funzionalità corporee, come il battito cardiaco accelerato o la pressione sanguigna maggiore che si traduce in rossore del volto o, al contrario, in pallore se la pressione si abbassa – per esempio davanti a cose spaventose. A una modificazione interna quindi, corrisponde un cambiamento esterno.
“Nel caso delle emozioni fondamentali si tratta di risposte inevitabili, automatiche” spiega la professoressa Raffaella Rumiati, docente di Neuroscienze Cognitive alla SISSA di Trieste, come a dire che le risposte fisiche alle emozioni primarie sono ormai abitudinarie e dato che, appunto, siamo abituati a provarle, siamo bravissimi a simularle. Ma è proprio questa simulazione ad essere dannosissima al nostro sistema nervoso perché sposta l’energia delle nostre capacità cognitive per direzionarle verso questa riproduzione di una falsa emozione. Per questo cala l’attenzione! Quindi se i datori di lavoro possono pensare che il fatto loro dipendenti sorridano in ufficio sia un bene, sappiano che non è necessariamente vero! Certo, una bella risata tra colleghi è tutt’altra cosa che quel sorriso forzato che a volte ci tocca stamparci in faccia proprio per compiacere chi proprio non ci va a genio e questo sì che è un bene in qualsiasi ambiente di lavoro.
Lo studio di Brent Scott e colleghi è uno dei primi nel suo genere: ha esaminato le reazioni emotive non solo nei loro effetti di superficie – le reazioni evidenti – a anche in quelle di profondità – ricordare cose passate piacevoli o pensare a cose future allettanti. Non basta infatti coltivare pensieri positivi – una vacanza, una cenetta con quel tipo che ci piace tanto o un nuovo progetto che ci prende tantissimo – anche se è vero che questi possono aiutare a migliorare l’umore nel breve periodo, perché in ogni caso, a lungo andare invece, diventerebbero una forzatura che non ci farebbe sentire autentici ma anzi a disagio con noi stessi.
Ma perché mai le donne dovrebbero risentirne di più degli uomini? Perché per una questione culturale, da loro ci si aspetta sempre un coinvolgimento e una sensibilità maggiore: forse è per questo che le donne sorridono di più? Ed è forse per questo che sono meno propense – e non meno adatte – a far carriera? Forse. Pensiamoci un attimo: le donne che lottano tutti i giorni per ottenere un posto migliore e per fare successo non sono certo sdolcinate e pronte a porgere l’altra guancia o a dire cose carine tanto per non rovinare la giornata a qualcuno, ma anzi sono proprio quelle che se devono tenere il muso, lo tengono finché non ottengono ciò che vogliono!
Altra dimostrazione che fare il solare se non ti va non porta lontano! In ogni caso se sorridere falsamente fa male a noi stessi, è anche facile per gli altri capire quando si tratta appunto di un sorriso posticcio: dal momento che questa manifestazione in genere di serenità e divertimento mette in moto molti muscoli della faccia, si può riconoscerlo in un batter d’occhio! E sono proprio gli che si devono osservare perché sono loro che danno veridicità al sorriso, sono loro a sorridere letteralmente e per farlo, ahimè, devono formare le tanto detestate zampe di gallina!
Ma allora se pur così tanto odiate sia dalle donne che dagli uomini, hanno almeno questo lato positivo: se le hai, vuol dire che non menti e che il tuo non è un sorriso di facciata, ma vero!
Valentina Nizardo