Nelle nostre cucine vengono utilizzati diverse tipologie di olio. Il più famoso di tutti è quello estratto dalle olive, ma sono celebri anche l’olio di sesamo, di zucca e di girasole.
Il problema dell’olio è che contiene una grande quantità di acidi grassi con catena lunga. Questi sono noti con la sigla LCFA (long chain fatty acids) e producono l’effetto di rallentare il metabolismo, facilitando l’aumento del peso delle persone.
Esiste però un olio diverso dagli altri che contiene acidi grassi con catena media (MCFA), l’olio di cocco.
Questi grassi vengono digeriti in maniera diversa dagli acidi a lunga catena e sono spediti dritti al fegato dal tratto digerente dove vengono usati per creare energia o essere uniti ai corpi chetonici. Questi ultimi servono come produttori di energia per le cellule e fonti di riserva energetica.
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Una delle proprietà più importanti dell’olio di cocco è la “termogenesi”. Questa permette all’olio di influire in maniera positiva sul metabolismo.
Innanzitutto, rispetto agli altri oli, esso non solo rallenta il metabolismo, ma addirittura lo accelera. Se si assumono per esempio 15-30 grammi di olio, il consumo di energia giornaliero salirà del 5%. Questa percentuale è l’equivalente di circa 120 calorie.
Il cocco con il suo olio è un ottimo aiutante nella lotta ai chili di troppo.
Studi scientificamente provati dimostrano che l’assunzione aumenti il sentore di pienezza al termine dei pasti. Questo facilita l’individuo nel non assumere altro cibo. L’obesità è un problema essenzialmente soggettivo. Gli esseri umani sono in grado di mantenere il loro peso in qualsiasi ambiente li circondi. L’obesità epidemica può essere controllata in primis dalla coscienza di ogni individuo.
In un test condotto su sei uomini in salute, il mangiare un’ampia quantità di MCTS ha permesso loro di perdere ben 256 calorie al giorno.
In un altro test condotto su 14 persone ha confermato, ancora una volta, la tesi della diminuzione di appetito. Queste persone hanno mangiato abbondanti quantità di MCTS a colazione e hanno riscontrato una diminuzione di appetito a pranzo.
Di conseguenza, prendendo l’assioma “il peso è dato dal rapporto tra calorie entrate e uscite” gli MCTS da un lato diminuiscono le entrate, dall’altro aumentano le uscite.
Un’altra ricerca è stata effettuata su 40 donne divise in due gruppi. Hanno somministrato al primo gruppo 30 grammi al giorno di olio di cocco per 28 giorni. Al secondo invece è stata distribuita la stessa quantità di olio, ma derivato dalla soia. Infine hanno istruito entrambi i gruppi sulla giusta dieta da seguire correlata ad un discreto esercizio fisico.
I risultati non hanno deluso le aspettative. Ogni donna di entrambi i gruppi ha perso almeno un chilo, ma le pance del primo gruppo hanno avuto un piccolo calo. Viceversa, le donne del secondo gruppo hanno tutte riscontrato un leggero aumento del girovita.
Infine chi ha ingerito l’olio di cocco ha riscontrato un lieve aumento di HDL, “high density lipoprotein”, detto il colesterolo buono. Chi invece ha degustato olio di soia per un mese si è ritrovato con l’aumento di LDL, “low density lipoprotein”, il colesterolo cattivo.
Sebbene l’olio di cocco non abbia provocato una perdita in chili maggiore rispetto a quello di soia, esso ha aiutato a perdere parte del pericoloso grasso addominale.
Questo dato è ulteriormente confermato da un altro studio. Uomini obesi sfamati con anche 30 grammi di olio di cocco per quattro settimane hanno perso almeno due centimetri e mezzo di grasso addominale. Quest’ultimo è molto pericoloso in quanto alloggia intorno agli organi e causa infiammazioni, diabete e riduzione della salute.
L’eliminazione del grasso addominale permette di diminuire quindi il rischio di malattie agli organi interni.
L’olio di cocco da solo non basta, ma aggiunto ad una dieta sana e ad uno stile di vita giusto può fare molto bene.
Inoltre l’olio non è un dimagrante in sé. Come tutti gli altri oli contiene grassi e calorie. Aggiungere questo alimento ad altri cibi grassi non comporta benefici, anzi. Il prodotto deve sostituire altri grassi, e non integrarli.
Fonte: Care2