Le allergie alimentari sono pericolosissime e condizionano la vita di tutti coloro che ne sono affetti. Basti pensare che una semplice cena al ristorante oppure il pasto della mensa o il prodotto comprato da un gastronomo possono essere fatali se preparati con uno degli alimenti ai quali siamo intolleranti. Non sempre possiamo controllare tutti i processi in cucina e il rischio dello shock anafilattico è sempre dietro all’angolo.
I dati dei giovanissimi affetti da allergie alimentari sono allarmanti: sono oltre 570mila ragazzi sotto i 18 anni.
Nello specifico:
- 270mila si concentrano nella fascia di età che va dalla nascita ai 5 anni,
- circa 150mila hanno fra i 5 e i 10 anni
- altri 150mila hanno fra i 10 e i 18 anni.
Tra i bimbi sotto i 5 anni, sono circa 5mila quelli a rischio di reazioni allergiche gravi che possono portare alla morte.
Ogni anno in Italia muoiono circa 40 persone per anafilassi. Gli esperti ci segnalano che bisogna fare maggiore prevenzione e attenzione su questo tipo di malattia che sta continuando a crescere a ritmi altissimi. Infatti negli ultimi 10 anni c’è stato un aumento del 20% dei bambini allergici. I ricoveri per shock anafilattico di soggetti dai 0 ai 14 anni sono cresciuti di circa sette volte e le visite ambulatoriali pediatriche per questo tipo di disturbo sono, invece, triplicate.
Maria Antonella Muraro, responsabile del Centro dedicato allo Studio e alla Cura delle Allergie e delle Intolleranze Alimentari, presso l’azienda ospedaliera dell’Università di Padova ci spiega che:
“L’allergia alimentare, in particolare verso latte, uova e nocciole è la causa più frequente di shock anafilattico e spesso segna l’inizio dell’evoluzione verso altre malattie allergiche quali la rinite e l’asma. Sforzi maggiori devono essere dedicati all’identificazione dei bambini a rischio attraverso una diagnosi appropriata con prove allergologiche cutanee e sul sangue. L’esclusione dell’alimento rappresenta tuttora l’unico trattamento efficace nella prevenzione della reazione allergica. Sono tuttavia in corso nel mondo sperimentazioni di possibili cure che vanno dalla desensibilizzazione per via orale o sublinguale ai preparati contenenti estratti derivati dalle erbe cinesi, fino alla realizzazione di veri e propri vaccini”.
E i problemi di allergie alimentari spesso iniziano proprio alla nascita quando l’unico alimento è il latte.
“L’allergia più frequente è quella al latte vaccino: non lo tollerano oltre 100mila bimbi fra zero e cinque anni, costretti a ricorrere ad altri tipi di latte molto costosi – spiega la Muraro – Un grosso problema, perché se i piccoli non introducono un adeguato sostituto del latte vaccino possono andare incontro a gravi squilibri nutrizionali con una compromissione della crescita e una vera e propria malnutrizione”.
Ma l’attenzione deve essere posta anche sui costi, come ci dice Marcia Podestà, presidente di Food Allergy Italia:
“Un barattolo da 400 grammi di latte speciale per bambini allergici alle proteine del latte vaccino costa dai 20 ai 48 euro. Se pensiamo che un lattante di 4 mesi consuma da 2 a 3 barattoli alla settimana, la relativa spesa mensile si aggira in media sui 500 euro e per i primi due anni di vita, in cui tali latti sono indispensabili, le famiglie italiane spendono complessivamente oltre 50 milioni di euro ogni anno. Nella maggior parte dei Paesi europei questi prodotti speciali per allergici sono rimborsati, se il paziente ha la prescrizione medica; in Italia solo Lombardia, Friuli e Sardegna coprono i costi dei latti speciali, che altrove sono totalmente a carico della famiglia”.
Una delle cose evidenziate dagli esperti è che c’è poca informazione sulle allergie alimentari e spesso si banalizzano e sottovalutano i sintomi. Basti pensare che solo un under 18 su 1.000 (ai quali è stata già diagnosticata l’allergia) porta con sé la “penna” salvavita che permette di auto iniettarsi l’adrenalina in caso di inizio di shock anafilattico.
Altra questione da sottolineare è la differenza esistente tra le varie regioni italiane per quanto riguarda l’erogazione del farmaco salvavita, Potestà ci spiega che:
“L’Agenzia Italiana del Farmaco ha stabilito, nel 2005, che le Regioni devono erogare l’adrenalina ai pazienti allergici come farmaco di fascia H ospedaliero. Purtroppo però non tutte le Regioni hanno fatto e stanno facendo abbastanza: la normativa è stata attuata al Nord, ma non al Sud; inoltre c’è scarsa informazione circa la gratuità del farmaco fra i pazienti e perfino fra i medici”.
Questo tipo di farmaco è necessario per tutti i pazienti più gravi. Ad esempio chi ha avuto già shock anafilattici, o chi è molto sensibile agli alimenti dannosi o per chi soffre anche di asma. Poi si ritiene utile anche per tutti quei pazienti che vivono lontano dagli ospedali e che quindi non possono avere le cure mediche adeguate in caso di necessità.
La Muraro ci tiene a sottolineare un problema non trascurabile, quello dell’abilità ad iniettare il farmaco:
“Purtroppo anche i pochi che hanno con sé il farmaco spesso non sanno iniettarlo nel modo giusto. I bambini corrono i maggiori rischi soprattutto a scuola: un episodio di allergia grave su tre si verifica proprio nelle scuole materne ed elementari, dove però non è prevista un’educazione specifica del personale per la prevenzione e la gestione di questi eventi”.
È recente la pubblicazione da parte dell’European Academy of Allergy and Clinical Immunology sulla rivista Allergy di un documento europeo in cui ci si occupa di come trattare i bambini allergici a scuola.