Far mangiare un bambino è un’impresa degna di Wonder Woman, come ogni mamma può testimoniare. La situazione si complica ulteriormente quando, ai gusti difficili dei bambini si affiancano le loro allergie alimentari, di cui tener conto nella preparazione delle pappe.
Si tratta di un problema molto diffuso che interessa il 25% dei piccoli in età scolare, ma per il quale, fino ad ora, mancavano delle precise indicazioni che fornissero un supporto a tutti coloro che si trovano a trattare quotidianamente con soggetti allergici (famiglie, ma anche mense scolastiche, strutture sanitarie, industrie alimentari).
Un documento per far ordine in materia è stato stilato dall’Accademia Europea di Allergologia e Immunologia Clinica – EEACI – e presentato il 25 giugno scorso dal segretario generale dell’Accademia, la professoressa Antonella Muraro.
Il testo pone l’accento in maniera privilegiata sul fattore della prevenzione delle allergie. Si raccomanda, infatti, già alle donne incinte, di seguire un’alimentazione il più possibile equilibrata e varia; per i neonati è fortemente incoraggiato l’allattamento materno esclusivo fino al sesto mese di vita e, nei casi in cui ciò non sia possibile, si consiglia l’utilizzo di un latte ipoallergenico.
Nel momento in cui si inizia con lo svezzamento, non sono state riscontrate evidenze scientifiche che suggeriscano l’eliminazione di alimenti potenzialmente allergici, neppure per bambini che già abbiano nella loro storia familiare casi di soggetti con allergie manifeste.
Un ruolo chiave nella prevenzione è svolto dall’industria alimentare. Molti dei prodotti che possono provocare l’insorgenza di reazioni allergiche, infatti, hanno un potere nutrizionale elevato e per questo motivo non devono essere eliminati dalle preparazioni alimentari. Ecco il motivo per cui diventa essenziale assicurarsi che, nei processi produttivi, a tali prodotti venga assicurata la preparazione in ambienti isolati rispetto ad altri impianti, per evitare il rischio di contaminazione con allergeni.
Per quanto riguarda, poi, il trattamento dei casi in cui l’allergia si manifesta, il documento mette in evidenza l’importanza dell’esistenza di una rete di collegamento tra medici di famiglia e specialisti, con i pazienti, per consentire risposte il più possibile rapide e mirate. La reazione allergica più grave è rappresentata dall’anafilassi, che richiede il ricovero in ospedale e per la quale il trattamento privilegiato è rappresentato dall’iniezione intramuscolare di adrenalina.
Prima delle dimissioni del paziente si rende in tal caso necessario rende lo stesso ed i suoi familiari in grado di gestire eventuali improvvise emergenze che dovessero nuovamente verificarsi, per fronteggiare le quali potrebbe risultare utile prescrivere un auto iniettore di adrenalina.
Come ben si evince dal documento, una corretta informazione e la creazione di una rete di sostegno competente possono rappresentare un’arma vincente per fronteggiare le problematiche che possono insorgere a seguito di allergie alimentari.
Francesca Di Giorgio
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