Riscontrati e diagnosticati soprattutto nei paesi occidentali, i disordini alimentari sono negli Stati Uniti la prima causa di morte per malattia mentale. Anche l’Italia in questi anni ha aperto gli occhi sul potere devastante dell’anoressia e della bulimia, anche se a molti sfugge la reale diffusione e le cause di queste patologie.
L’1,5% degli over 14 soffrirebbe di disturbi del comportamento alimentare, in prevalenza le ragazze con percentuali pari al 90%. Preoccupante anche l’abbassamento dell’età in cui tali patologie si manifestano. Oggi, i ragazzi si ammalano in media a 13 anni e non più, come vent’anni fa, intorno ai 15-17.
Vari psichiatri tra cui Gianfranco Placidi, direttore dell’Unità psichiatrica dell’Università di Firenze, lancia l’allarme. “Laddove arriva la televisione, dove arriva l’immagine di donna, arriva l’anoressia nervosa“, denuncia il professor Placidi. “Le vittime sono in maggioranza donne perché il loro cervello attribuisce un fattore di stima alla una proporzione tra peso corporeo e stima di sé, per questo arrivano ad essere psicotiche non vedendosi mai sufficientemente magre“.
Sarebbe sotto accusa nuovamente il mondo dei media, istigatore (a detta di molti) dell’anoressia nervosa che ogni anno uccide una persona su 200 e che continua a tormentare, chi viene colpito, per il resto della vita. Secondo l’American Psychiatric Association (APA), solo una bassa percentuale di anoressici guarisce completamente, frequentemente permangono nei pazienti sintomi ossessivo-compulsivi, fobie e abuso di sostanze. I due terzi degli anoressici continuano, infatti, ad avere problemi di relazione con il cibo e il peso corporeo e il 40% circa manifesta sintomi di bulimia.
Ma pensare che delle malattie così devastanti possano essere causate solo dall’immagine distorta della donna offerta dai media è forse semplicistico e forviante.
Nel complesso mondo dei disturbi alimentari ci sono spesso più fattori di rischio: avere un familiare che soffre, o ha sofferto, di un disturbo del comportamento alimentare oppure crescere in una famiglia dove esiste una grave difficoltà nella comunicazione interpersonale e nell’espressione delle proprie; in tal caso l’anoressia può assumere il senso di una “comunicazione senza parole” alla famiglia, nella famiglia e per la famiglia (con vari aspetti di protesta, di richiesta di attenzione, di manifestazione di un disagio individuale o del sistema famigliare nel suo complesso).
In altri casi il disturbo può dipendere da problemi di autostima, legati anche a feedback negativi del sistema sociale, famigliare o amicale. I disturbi dell’alimentazione possono sorgere anche in seguito a marcate delusioni affettive, o gravi problemi relazionali nella coppia.
Possono ancora essere considerati fattori di rischio l’appartenenza a determinati in cui è rilevante la tematica del controllo del peso; oltre che vivere in paese, come il nostro, dove la magrezza viene enfatizzata come un valore sociale positivo: per questo un ruolo importante viene svolto anche dai mass media che mostrano alle giovanissime canoni di bellezza non corrispondenti al loro fisico, e forse non corrispondente al fisico di una qualunque donna in salute.
Spesso prolunga e complica i disturbi dell’alimentazione la sindrome dismorfica: le persone con questa difficoltà non sono soddisfatte del loro aspetto, e non riescono ad osservarlo e percepirlo con obiettività, La dismorfofobia non è solo un’errata valutazione “razionale” del dato percettivo (ad esempio, davanti allo specchio): è un disturbo psicopatologico che va a coinvolgere la rappresentazione del proprio “schema corporeo”.
Certo è che questi disturbi nascono in famiglia, sono insiti nella persona e il modo in cui si manifestano dipende dall’ambiente esterno, dalla società. Una società che plasma il disagio a sua immagine e somiglianza, se ne fa via di rappresentazione, ma non né certamente il solo fattore scatenante.
Dal mondo dello spettacolo alla più piccola quotidianità, l’anoressia e la bulimia sono figlie di questi tempi e rappresentazione di una società malata, che basa il suo valore su un’apparenza vuota come un manichino.
Manuela Marino