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Quali sono gli alimenti a basso indice glicemico?

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Si sente sempre di più parlare di indice glicemico, che misura la velocità con cui i carboidrati vengono assorbiti in seguito all’assunzione di vali alimenti, ma spesso si fa confusione su quali siano realmente i cibi con un basso indice glicemico.

A fare chiarezza su questo argomento è un comitato di ricercatori, tra i massimi esperti di nutrizione, che si è recentemente riunito a Stresa per chiarire l’importante ruolo dell’indice glicemico nel definire la qualità dei carboidrati.

Il meeting è stato organizzato dall’italiana Nutrition Foundation of Italy (NFI) e la statunitense Oldways e da esso è emerso che l’indice glicemico (IG) permette di distinguere tra i carboidrati che vengono assorbiti e digeriti lentamente e quelli che vengono assorbiti con rapidità, provocando un veloce innalzamento della glicemia e dell’insulina.

Ciò avviene attraverso un sistema di valutazione della qualità dei carboidrati, basato su un punteggio da 0 a 100, che viene calcolato testando, su volontari sani, quanto aumenta la glicemia dopo il consumo dei un alimento contenente una quantità standard di carboidrati (50 gr), rispetto alla stessa quantità di glucosio (assunta con dell’acqua zuccherata). Se, per esempio, il punteggio è 50, vuol dire che l’alimento in questione aumenta la glicemia del 50% rispetto al glucosio.

Il carico glicemico (CG), invece, tiene conto sia della qualità del carboidrato (quindi dell’IG) sia della quantità presente nella porzione media di un determinato alimento o di una ricetta. Si ottiene moltiplicando i grammi di carboidrati presenti in una porzione media per l’IG.

La risposta glicemica (RG o GR) indica il valore complessivo dell’andamento dei livelli di glucosio rilevabili nel sangue, dopo aver assunto qualunque alimento contenente carboidrati. Essa varia da persona a persona e dipende dall’alimentazione e dallo stile di vita.

Quali sono allora gli alimenti a basso contenuto glicemico? Secondo gli esperti «non esiste un metodo semplice per predire l’IG di un alimento. È necessario ricercare il valore dell’IG in siti web affidabili (quale, ad esempio, www.glycemicindex.com) e in manuali per lo shopping a basso IG. Ma noi italiani siamo già abbastanza avvantaggiati visto che molti degli alimenti a basso IG sono inclusi nella dieta mediterranea tradizionale».

Tra essi vi sono le lenticchie, i fagioli, i ceci, la pasta e l’orzo. I cibi che presentano un elevato indice glicemico sono le patate (77) e il pane bianco (70). Tra quelli a medio IG figurano il saccarosio (65), la pizza (57), la pastasciutta al dente (45), la mela (40), i già citati legumi (35) e i pomodori (9). Generalmente i carboidrati con un IG o CG più favorevole sono quelli più grezzi, meno lavorati e meno cotti.

L’indice glicemico è influenzato anche dal metodo di cottura. Secondo i nutrizionisti della NFI, infatti, più si prolunga la cottura di un alimento ricco di amidi in acqua, più veloce è la digestione dei carboidrati e quindi più alto sarà il picco glicemico.

Nel documento presentato al summit si evidenzia, inoltre, la correlazione tra diete a basso indice glicemico/carico glicemico e la riduzione del rischio di diabete 2 e di malattie coronariche, oltre ad un miglior controllo della glicemia nei pazienti già diabetici.

David Jenkins, ovvero colui che viene considerato il “papà” dell’indice glicemico, raccomanda l’inclusione di questo parametro e del carico glicemico nelle linee guida dietetiche nazionali, e nelle tabelle di composizione degli alimenti. Suggerisce inoltre di includere l’indicazione “basso indice glicemico” sulle confezioni degli alimenti. Una realtà già presente in Australia.

«Il messaggio – ha spiegato in occasione del summit Jennie Brand-Miller del Boden Institute of obesity, nutrition, exercise and eating disorders – è: mangiate i carboidrati “slow” che vengono assorbiti lentamente, piuttosto che ridurre la quota di carboidrati nell’alimentazione. In questo modo vi sentirete più sazi a lungo e la risposta glicemica sarà meno pronunciata».

Silvia Bianchi

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