Riduce le probabilità che compaia il diabete di tipo 2, non provoca nel consumatore abituale un aumento della pressione o un rischio di patologie cardiovascolari, migliora il livello di attenzione e stimola la digestione.
Bere caffè, insomma, non fa male. L’importante è non esagerare. Tenendo a mente che la caffeina è presente anche ne tè, nel cioccolato e nella cola, in una persona sana il limite massimo di caffeina non dovrebbe superare i circa 300 mg al giorno, pari a circa 4 mg per chilo di peso.
Spiega Marcello Ticca, libero docente in Scienze dell’alimentazione dell’Università di Roma: “La caffeina è un alcaloide, una sostanza psicostimolante, ma non dà dipendenza né assuefazione. Al contrario esiste una tolleranza, e infatti nei bevitori abituali gli effetti sono più blandi che in quelli occasionali”. Così, se chi non ha particolari patologie può bere fino a 4 tazzine di caffè al giorno, a chi “ha un’ulcera o soffre di gastrite acuta, reflusso gastroesofageo, ipertiroidismo o malattie renali croniche si consiglia di evitare il caffè o di ricorrere al decaffeinato”.
Ma caffè non è solo sinonimo di caffeina. Esso contiene anche potassio e magnesio e molti antiossidanti, come l’acido clorogenico, che ostacola anche l’assorbimento del glucosio nell’intestino, abbassando un po’ la glicemia postprandiale. “Qualche precauzione in più negli anziani – precisa Ticca – più sensibili all’azione della caffeina, e nelle persone con dieta povera di calcio perché il caffè aumenta la perdita di questo minerale con le urine”.
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Germana Carillo