Il maggiordomo, l’uomo di fiducia, il fedelissimo del nobile padrone di casa: queste erano, nel passato, le figure incaricate di testare la qualità dei cibi, prima che il gran signore li portasse alla bocca.
Una scommessa sulla vita, ogni volta, di quelle che tengono con il fiato sospeso: se gli alimenti erano infatti stati avvelenati di proposito per volontà di qualche nemico, il signorotto si salvava, ma il povero assaggiatore ci rimetteva la vita.
Oggi lo scenario cambierebbe, perché il compito di testare la qualità degli alimenti non sarebbe più svolto da un uomo, bensì da un piccolo congegno elettronico. Già: è il risultato di uno studio svolto presso l’Università di Pavia e guidato da Lucia Fornasari, ricercatrice ventinovenne che per il suo progetto, denominato Safefood, si è aggiudicata uno dei quattro finanziamenti da 30.000 euro di ‘Working Capital-Premio nazionale Innovazione’ assegnati da Telecom Italia.
Il progetto della Fornasari porterà alla realizzazione di un sensore di piccole dimensioni e di costi contenuti, che servirà per individuare gli alimenti contaminati. Un prodotto riservato dunque a diverse categorie di fruitori. In primo luogo alle grandi aziende produttrici, che avranno in tal modo la possibilità di effettuare controlli rapidi della qualità dei prodotti da immettere sul mercato; ne beneficeranno anche le autorità pubbliche preposte a garantire la qualità degli alimenti, che potranno svolgere analisi e verifiche a costi ridotti.
Anche noi consumatori, con la diffusione di questo microchip, potremo verificare autonomamente l’eventuale presenza di agenti contaminanti all’interno dei prodotti che acquistiamo. Il premio è stato assegnato alla ricercatrice durante la tappa di Trieste del Tour dei Mille: si tratta di un’iniziativa che fa parte di Working Capital, un progetto lanciato nel 2009 da Telecom Italia e che ha l’obiettivo di incentivare l’imprenditoria giovanile basata su internet e le nuove tecnologie; a questo progetto si sono già rivolti più di diecimila aspiranti imprenditori con oltre mille progetti proposti, tredici start-up sostenute, trenta progetti di ricerca finanziati e trentasei progetti in fase di incubazione.
In attesa della futura immissione sul mercato di Safefood, continuiamo ad avvalerci dell’unico mezzo finora disponibile per verificare la qualità degli alimenti: la nostra bocca… o quella dell’assaggiatore, se ne avete uno!
Francesca Di Giorgio