Il junk food servito nei fast food non sarebbe poi così economico come hanno ritenuto sociologi, economisti e clienti per anni.
A fare due conti nelle tasche degli americani che frequentano il McDonald’s è uno dei più celebri esperti di cucina americani, Mark Bittman, scrittore, giornalista, salutista e chef per passione. Bittman ha fatto i conti e ha pubblicato i risultati delle sue operazioni sul New York Times, scoprendo che mangiare junk food non fa risparmiare, anzi.
Per fare un esempio, un pasto medio per 4 persone, in dosi americane (due BigMac, un Cheeseburger, sei McNuggets di pollo, due patatine porzione media e due patatine porzione piccola, due cola piccole) al McDonald’s costa un totale di 28 dollari. Ma quelle stesse persone, calcola il giornalista enogastronomico, con un bel pollo arrostito in casa e un contorno di insalata avrebbero speso di meno (16 dollari) e consumato anche un pasto più sano. E non per 4 persone, ma per 6.
Allora, spiega Bittman, la passione per hamburger e patatine è soprattutto culturale. Si tratta di un lungo ed efficace processo di marketing, in cui ogni anno si investono oltre 4 miliardi per pubblicizzare e rendere accettabile questo modello di alimentazione. Da non sottovalutare, poi il “fattore” della comodità: ritrovarsi davanti a un cibo già bell’e preparato e in pochi minuti è confortevole e pratico, soprattutto se, come accade alla maggior parte degli americani, non si conosce il piacere della cucina e del riunirsi a tavola e si è sempre di fretta.
Ma si mangia Junk food anche perché questi cibi ci piacciono. E creano assuefazione. L’ha provato uno studio della University of California, secondo il quale il consumo di cibo spazzatura scatena un meccanismo di neurodipendenza a causa della produzione degli endocannabinoidi, al pari del consumo di droga.
Bittman trae allora le sue conclusioni: “per cambiare questa situazione, deve esserci un vero cambiamento culturale. Abbiamo bisogno di azioni culturali, ma anche politiche. Bisogna fare ai nostri figli un grande regalo: far loro apprezzare il piacere che si trae dal nutrire qualcuno e dal condividere il pasto insieme“.
Soprattutto, conclude Bittman, le azioni politiche dovrebbero limitare e vincolare il marketing del junk food e rendere accessibili a tutti i “veri” cibi.
Roberta Ragni