Con il limone, con il gelato, con la panna: tante e tutte golose sono le modalità in cui è possibile gustare i frutti di bosco. Una vera e propria delizia per il palato. Se ai motivi per apprezzarli e gustarli possiamo poi aggiungere il loro potere curativo, è evidente che fragole, mirtilli, more, diventano componenti insostituibili della dieta.
Già conosciamo le proprietà antiossidanti delle varie bacche, il cui apporto è fondamentale per la difesa dall’insorgenza dei radicali liberi che accelerano il processo di invecchiamento cellulare. Ma c’è di più. Secondo uno studio condotto dal Centro di Ricerca e Nutrizione Umana on Aging alla Tufts University, in collaborazione con l’Università del Maryland Baltimore County, i frutti di bosco risulterebbero svolgere un importante ruolo preventivo nei confronti del declino mentale e cognitivo.
Questo grazie alla capacità delle sostanze attive contenute nelle diverse bacche. Queste sarebbero in grado di favorire l’autofagia, e cioè un meccanismo che favorisce la pulizia del cervello dalle tossine che in esso si accumulano. Garantiscono così una protezione contro l’insorgere di malattie neurodegenerative, come ad esempio il morbo di Alzheimer.
Lo studio è stato condotto su ratti, suddivisi in due gruppi: il primo per due mesi è stato sottoposto ad una dieta ricca di fragole e mirtilli, assenti invece nell’alimentazione del gruppo di controllo. I risultati hanno evidenziato il ruolo estremamente positivo svolto dai frutti di bosco nella protezione del cervello contro i danni provenienti dall’invecchiamento precoce.
Come sottolinea il dottor Shibu Poulose:
“Dopo 30 giorni di dieta con lo stesso tipo di bacca, i ratti hanno sperimentato una significativa protezione contro le radiazioni rispetto al gruppo di controllo. Abbiamo osservato significativi e speculari benefici delle diete con entrambi i frutti di bosco, e questo effetto è dovuto ai fitonutrienti presenti”.
Le proprietà di queste sostanze attive risultano di importanza fondamentale nel favorire la rimozione dal cervello delle sostanze tossiche che in esso si accumulano.
Come evidenzia il dottor Poulose:
“La maggior parte delle malattie del cervello come l’Alzheimer e il Parkinson hanno mostrato una maggiore quantità di proteine tossiche. Le bacche sembrano promuovere l’autofagia, il meccanismo di pulizia naturale del cervello, riducendo in tal modo l’accumulo di tossine”.
Il passo successivo, di fondamentale importanza, consiste nella sperimentazione sull’uomo.
È questa la sfida che si è posta il gruppo di ricercatori coordinati dalla dottoressa Barbara Shukitt-Hale, che ha preso in esame un gruppo di persone di età compresa tra i 60 ed i 75 anni.
Non resta dunque che attendere, augurandoci che i risultati positivi ottenuti nella sperimentazione sugli animali possano ripetersi negli studi sull’uomo. Si introdurrebbe così un sistema preventivo delle degenerazioni neurologiche del tutto naturale, e per di più irresistibilmente goloso.