Vorreste veder ingrassare a dismisura la vostra vicina di casa di vent’anni taglia 38 su 1.75 di altezza e magari “accorciarla” di qualche centimetro? Non esiste ancora una “cura” per questo, però qualche speranza nei millenni a venire si prospetta.
Sì, perché stando ad uno studio dell’Università di Yale, pubblicato sul Proceedings of the National Academy of Sciences journal, le donne di domani avranno un chilo in più e due centimetri in meno di altezza.
La ricerca è stata condotta dal biologo evoluzionista Stephen Stearn che ha analizzato un campione di 14.000 abitanti di Framingham monitorando ben tre generazioni. Tuttavia, bisognerà aspettare il 2400, quando oramai nessuno di noi sarà più vivo (non servono gesti apotropaici, è un dato concreto… ndr).
Le attuali ventenni sottili come giunchi saranno, dunque, solo una delle ultime generazioni filiali ad incarnare il mito della silfide tout-court? Non proprio, perché in fondo un chilo in più non è una taglia in più e due centimetri in meno non sono molti. L’unica certezza è che non è dato sapere quali siano i criteri secondo cui sottrarre centimetri e aggiungere chili.
La ricerca scientifica è un po’ vaga al riguardo. In compenso, la “buona notizia” è che la menopausa arriverà con dieci mesi di ritardo e colesterolo e pressione sanguigna saranno più bassi.
Dunque, meno belle ma più sane, potremmo chiosare. Intanto, basta guardarsi intorno per accorgerci che tutte le donne anelano al “tunnel della silfide” o sarebbe più giusto dire “sifilide”?
La figura mitologica e l’assonanza fonetica con la storica malattia non è soltanto un gioco di parole. Un detto popolare recita: “non si è mai troppo ricchi né troppo magri”. Oggi più che mai, tra crisi economica che avanza e magrezza (che vuol dire essere vincenti), il proverbio, all’ombra della citate ipotesi scientifiche, assume un certo peso specifico.