Nuovi dubbi sulla pericolosità dei cibi Ogm. Secondo uno studio francese pubblicato sulla rivista Food and Chemical Toxicology da un team di ricercatori guidato da Gilles-Eric Séralini dell’Université de Caen, il mais ogm aumenterebbe l’incidenza dei tumori e gli scompensi ormonali, riducendo persino le aspettative di vita.
Analizzando gli effetti a lungo termine del mais ogm della Monsanto NK603, una varietà resa resistente all’erbicida Roundup, sulla salute dei ratti, gli scienziati hanno scoperto che fino al 50% dei maschi e il 70% delle femmine moriva precocemente, contro il 30% e il 20% del gruppo controllo, alimentato regolarmente. Inoltre, come riporta il New York Times, nei ratti esposti alla coltura ogm l’incidenza di tumori andava dal 50 all’80% nelle femmine, contro il 30% di quanto osservato nel secondo gruppo. Per il dottor Séralini questi risultati sono davvero allarmanti.
Ma a contrastare lo studio francese, così scioccante da guadagnarsi la copertina del settimanale francese Le Nouvel Observateur, sono diversi esperti. Uno su tutti Tom Sander del King’s College London, secondo cui il ceppo di ratti usati nell’esperimento del team francese è particolarmente predisposto allo sviluppo di tumori o squilibri ormonali. Viene spontaneo chiedersi, in effetti, perché si utilizzano i ratti per capire la pericolosità degli ogm per l’uomo.
Detto questo, nel dubbio ora il governo francese ha chiesto che di approfondire la vicenda, ipotizzando anche una eventuale sospensione delle importazioni nell’ Unione Europea, mentre la Monsanto, ovviamente, si difende dalle pagine dell’Huffingtonpost: “Numerosi studi scientifici peer-reviewed realizzati sulle colture ingegnerizzate fino a oggi, inclusi più di un centinaio sull’alimentazione, hanno sempre confermato la loro sicurezza, come si evince dalle valutazioni delle autorità regolatorie in tutto il mondo“.
In questi casi, come suggerisce l’infallibile saggezza popolare, “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio“. Questo vale, tra l’altro, tralasciando tutte le implicazioni che hanno sull’ambiente le colture geneticamente modificate.
Roberta Ragni