“Più volte nella polvere, più volte sull’altar“: parafrasiamo la celebre ode manzoniana dedicata a Napoleone Bonaparte per parlare di un oggetto amato ed odiato insieme, lodato e criticato, esaltato e condannato senza appello: il forno a microonde.
È comodo, utile ed innocuo oppure altera il sapore dei cibi e nuoce gravemente alla salute, come le sigarette?
È difficile muoversi nell’intricato groviglio dei pro/contro di un forno a microonde, ma proviamo qui a fare il punto della situazione, raccogliendo testimonianze e prove a disposizione dell’una e dell’altra tesi.
Partiamo con un po’ di dati oggettivi: quando è nato il forno a microonde e come funziona?
La possibilità di cuocere i cibi con le microonde fu scoperta negli Stati Uniti da Percy Spencer, impiegato della Raytheon, mentre realizzava magnetron per apparati radar. Nel 1946 la Raytheon brevettò il processo di cottura a microonde e nel 1947 realizzò il primo forno commerciale. Negli anni ’70 la tecnologia si era evoluta a sufficienza e i prezzi iniziarono a scendere rapidamente.
È stato calcolato che oggi circa il 95% delle famiglie americane possiede un forno a microonde.
Questa invenzione d’oltreoceano inizia ad apparire nelle cucine italiane piuttosto tardi, negli anni ’80. Non riscuote subito un grande successo: i timori e le diffidenze, di cui parleremo, frenano le corse agli acquisti.
Quale è il segreto di questo oggetto?
All’interno del forno a microonde si trova un dispositivo, chiamato magnetron, che genera un campo elettromagnetico variabile, ovvero la radiazione a microonde.
L’oscillazione del campo elettromagnetico, che si ripete 2 miliardi e 450 milioni di volte al secondo (2,45 GHz), è capace di produrre oscillazioni nelle molecole d’acqua.
Dunque, il meccanismo che regola il funzionamento del microonde è semplicemente quello di scaldare l’acqua (ovvero di aumentarne l’agitazione termica grazie all’interazione fra il dipolo molecolare e, appunto, la radiazione a microonde), che costituisce la componente principale della maggior parte dei cibi, permeandoli quasi sempre in tutto il loro volume. Questa modalità di riscaldamento è completamente diversa rispetto a quella convenzionale: nel caso di cibi molto ricchi di acqua o lipidi, l’interno stesso si riscalda più velocemente rispetto allo strato esterno più secco, che assorbe dunque meno radiazioni a microonde. Al contrario, in un forno elettrico normale il calore può passare per irraggiamento e conduzione solo dagli strati più esterni a quelli interni.
Il riscaldamento dall’interno può lasciare delle zone fredde e da ciò la necessità di ruotare costantemente il piatto. Un metodo innovativo, indubbiamente. Il forno a microonde come nuovo, insostituibile alleato della cucina, la rivoluzione che aspettavamo, secondo i suoi convinti sostenitori; l’oggetto che consente di non rinunciare al piacere della buona tavola, eliminando però le ore trascorse davanti ai fornelli: un vantaggio notevole, considerando i ritmi frenetici della vita moderna, di donne sposate e single incallite. Un modo di cucinare facile, rapido, economico e pratico, poiché il cibo non si attacca sul fondo del tegame e non deve essere continuamente mescolato per rendere omogenea la cottura. Inoltre, si sporcano meno strumenti che con la cucina tradizionale. Il forno a microonde consente pure un forte risparmio energetico, perché l’aumento di temperatura riguarda direttamente ed esclusivamente l’alimento che si cucina, senza che ci sia bisogno di riscaldare prima il recipiente che lo contiene.
Ma ogni rosa, si sa, ha le sue spine ed anche al forno a microonde non mancano i lati oscuri: inconvenienti, effetti collaterali che ne fanno, secondo i suoi detrattori, un acerrimo nemico del benessere. Gli studi sugli effetti che la cottura a microonde produce sulla salute dell’uomo sono stati condotti, in forma molto accurata, da un nutrizionista svizzero, il Dotor Hans-Ulrich Hertel, nel 1989. Egli aveva fatto una scoperta considerata di interesse vitale per i consumatori: tutti i cibi che vengono cucinati o scongelati nel microonde possono causare dei cambiamenti del sangue che indicano lo sviluppo di un processo patologico presente anche nel cancro. Il Dottor Hertel aveva sviluppato un programma di ricerca a largo raggio, selezionando otto individui dell’Istituto di Macrobiotica di Kientel in Svizzera che seguivano una dieta macrobiotica.
Attraverso la sua ricerca Hertel osservò dei cambiamenti significativi del sangue di coloro che avevano mangiato cibo trattato con forno a microonde; mutamenti consistenti in una riduzione di tutti i valori dell’emoglobina e del colesterolo, sia delle lipoproteine ad alta densità (colesterolo “buono”) sia di quelle a bassa densità (colesterolo “cattivo”). Il consumo di cibo messo nel forno a microonde generava nei soggetti una evidente riduzione del numero dei globuli bianchi.
Gli effetti collaterali di questo ritrovato della tecnologia non finiscono qui: il forno a microonde, secondo i suoi detrattori, conferisce ai cibi un colore ed un sapore meno forti e decisi, rispetto a quelli del cibo cucinato in modo tradizionale. Di conseguenza, ciò ha incoraggiato la produzione di additivi che possono essere utilizzati nei cibi destinati alla cottura a microonde e che riproducono artificialmente i colori ed i sapori che i consumatori desiderano trovare. I problemi riguardano persino i più piccoli: riscaldare latte materno all’interno del forno a microonde genera infatti un abbassamento di livello dei fattori anti infettivi del latte, anche se si utilizzano basse temperature.
Coloro che si oppongono radicalmente al microonde sostengono che, se non si può fare a meno di utilizzarlo, è bene seguire alcuni importanti accorgimenti: controllare periodicamente il forno specialmente lo sportello, per accertarsi che chiuda bene, non aprire mai lo sportello stesso quando il forno è in funzione, mantenersi ad una distanza di almeno circa 90 centimetri e non utilizzare contenitori in PVC per introdurre i cibi.
Un oggetto dalla fortuna alquanto controversa, certamente. Che fare, allora, utilizzare il microonde o ignorarlo? Vi lasciamo parafrasando nuovamente Manzoni “a voi l’ardua sentenza“.