Le probabilità di avere un figlio con malformazioni congenite di vario tipo sono di più quando si ricorre alla fecondazione assistita.
Una scure che si abbatte su chi, dopo un iter lungo, lunghissimo, vede manifestarsi davanti agli occhi anche l’oscura, eventuale, possibilità che quel figlio tanto cercato possa avere dei difetti alla nascita.
Così, i ricercatori del Robinson Institute di Adelaide hanno quantificato coi numeri queste probabilità. Lo studio – pubblicato su The New England Journal of Medicine – ha analizzato i registri presenti in Australia prendendo in esame più di 30 mila nascite e tutte le interruzioni di gravidanza verificatesi dal gennaio 1986 al dicembre 2002 in una popolazione di 1,6 milioni di abitanti.
Suddividendo le donne in base al loro tipo di concepimento e cioè:
- quelle che avevano concepito con le diverse tecniche di procreazione assistita
- quelle che erano rimaste incinte naturalmente e tra queste:
- quelle che avevano avuto altre gravidanze con la fecondazione artificiale
- quelle che avevano avuto problemi di infertilità, ma non si erano sottoposte a trattamenti
È emerso che quando si ricorre alla fecondazione assistita le probabilità di avere un figlio con malformazioni congenite aumentano: si verificano, infatti, in media nell’8,3% dei casi, contro il 5,8% registrato tra i bambini concepiti naturalmente.
LE MALFORMAZIONI PIÙ FREQUENTI
Sono le paralisi cerebrali e le anomalie cardiache, dell’apparato muscolo-scheletrico, gastroenterico o genito-urinario, mentre i ricercatori non hanno constatato una maggiore frequenza di sindromi di Down.
LE ECCEZIONI
Se da un lato pare che il rischio di malformazioni dopo la fecondazione assistita sia pari a quello naturale se la donna che si rivolge a un centro specializzato ha un’età avanzata o se ha particolari patologie, dall’altro il rischio di malformazioni con fecondazione assistita rimane comunque più alto rispetto a quello con concepimento naturale in due specifiche ipotesi, paradossalmente correlate proprio alle cause che portano a trattamenti simili:
- in caso di iniezione nella cellula uovo dello spermatozoo (Icsi, praticata in caso di infertilità maschile): qui il rischio di malformazioni passerebbe dal 5,8% delle gravidanze naturali al 9,9%. Il fatto che si intervenga tecnicamente nella scelta e nell’inserimento dello spermatozoo può dare luogo a gravi errori umani, che non si avrebbero se Madre Natura facesse il suo corso. Se, cioè, ci fosse la competizione naturale tra gli spermatozoi.
- in caso di assunzione di clomifene citrato. Capita, infatti, che la donna che non riesce ad avere un bambino assuma un farmaco a base di clomifene citrato che stimola l’ovulazione e che, se assunto con modalità e dosi inappropriate, può triplicare il rischio di malformazioni.
E le gravidanze ottenute con congelamento degli embrioni?
Secondo i ricercatori australiani sono a minor rischio “perché solo gli embrioni più sani sopravvivono alla conservazione al freddo“.
Dunque, la conclusione degli studiosi è una sola: il maggior rischio che le malformazioni si verifichino dipende dalle stesse condizioni che hanno portato la coppia ad intraprendere un processo di procreazione assistita, “anche perché dai nostri dati emerge che tra le donne che hanno concepito spontaneamente, ma in passato avevano avuto problemi di infertilità, la percentuale di anomalie tende ad aumentare“.