Da una ricerca della Clinica Prenatale dell’Università del North Carolina su 1.238 donne in gravidanza, con un’età gestazionale tra le 15 e le 19 settimane, è emerso un dato che fa molto riflettere: le donne che hanno avuto una gravidanza inaspettata o comunque non intenzionale sarebbero più soggette alla depressione post-partum.
Lo studio ha diviso le donne in tre gruppi: quelle che non volevano una gravidanza, quelle che la volevano ma più tardi nella loro vita, quelle che la volevano e l’hanno programmata. Durante lo studio e secondo quelli che sono stati i risultati raggiunti, i primi due gruppi sono stati accorpati. In sostanza, non volere un figlio o volerlo in un altro momento della vita, facevano parte comunque di una disposizione psicologica simile e cioè quella di non avere in programma una gravidanza e scoprire di essere incinte. Lo studio ha esaminato i gruppi di donne a tre e a dodici mesi dal parto.
È emerso che proprio nel gruppo delle gravidanze inaspettate si è registrato un maggior numero di casi di depressione post partum. L’incidenza era molto significativa: il 12% delle neo mamme del gruppo delle gravidanze indesiderate a dodici mesi dal parto aveva i sintomi della depressione post partum contro il 3% delle neo mamme che avevano voluto e programmato il bambino.
Questo studio ha evidenziato delle realtà molto importanti da tenere in conto per gli operatori sanitari. La depressione post partum parte da molto lontano ed è importante capire quali possono essere i fattori di rischio. Sicuramente un gravidanza che non si desidera in quel momento ma che si decide di portare avanti comunque, rappresenta qualcosa di molto impegnativo dal punto di vista psicologico per una donna.
In effetti, il Sistema Sanitario italiano si sta muovendo solo negli ultimi anni per quanto riguarda un accompagnamento pre e post per le donne sole o comunque a rischio. Anche se- è importante dirlo- la depressione post partum colpisce anche le donne che hanno un solido sistema familiare che le aiuta, anche quelle che sono benestanti dal punto di vista economico. I fattori che scatenano questa sindrome sono complessi e vanno curati da diversi punti di vista, non solo stando ben accanto a chi ne soffre.
Quello che gli operatori sanitari possono fare, alla luce di studi come questi, è capire chi sono i soggetti a rischio e riservare a loro uno specifico accompagnamento fino almeno ai due anni d’età del bambino. Infatti, un altro luogo comune è che la depressione post partum debba manifestarsi nei primi tre mesi dal parto. In realtà anche questo studio evidenzia che all’anno di età del bambino ‘nascono’ ancora casi di depressione post partum e possono insorgere anche dopo. Ecco perché bisogna fare attenzione a non prendere sottogamba il problema. E – soprattutto per le mamme – non doversi sentire per forza perfette e infallibili: se vi sentite deboli, stanche, nervose e avete tante paure, parlatene e chiedete aiuto. Questo non fa di voi delle mamme cattive ma solo consapevoli e intelligenti. Un altro modo di amare davvero il vostro bambino.
Sara Tagliente
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