EllaOne, la pillola dei 5 giorni dopo, continua a sollevare polemiche nel Belpaese, soprattutto dopo il sì del Css alla sua introduzione lo scorso 15 giugno.
Tra gli oppositori la compagine più agguerrita è certamente quella ecclesiastica che la contrasta a priori. Ma a finire ora nell’occhio del ciclone è l’obbligatorietà del test di gravidanza prima della somministrazione, a cui si oppone ben il 90% dei medici italiani.
Il dato emerge dalla prima indagine sul tema, svolta da Datanalysis su richiesta dell’Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna (O.N.Da) su oltre 300 ginecologi italiani.
Secondo i ginecologi, infatti, l’imposizione del preventivo test di gravidanza è una restrizione incompatibile con la tempestività d’uso del farmaco e costringerebbe le donne a dover rinunciare alla possibilità di evitare l’annidamento dell’embrione nell’utero. Inoltre, sempre secondo i medici, solo il 15,7% delle donne accetterebbe il test senza obiezioni.
Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio O.N.Da, ha dichiarato che “l’Italia rappresenterebbe, in caso di restrizioni, un’eccezione assoluta tra i Paesi europei. L’esecuzione di un test ematico ritarderebbe, infatti, l’accesso all’ultima possibilità per evitare un’interruzione volontaria di una gravidanza indesiderata“.
La pillola è oggi acquistabile in 21 Paesi europei, Stati Uniti e Canada, senza alcun limite all’accesso alla prescrizione. La proposta italiana si pone, quindi, in netto contrasto con la posizione assunta dagli organismi internazionali, come, ad esempio, l’Autorità Farmacologica Europea.
Roberta Ragni