Cosa spinge una coppia a fare un figlio solo? Pensando allo stereotipo del figlio unico vengono in mente tre parole: viziato, capriccioso ed egocentrico.
Ma usciamo da questo schema superficiale. Anche chi ha fratelli o sorelle troppo spesso lo è! Il fatto di avere un fratello non protegge a priori dal diventare bambini insopportabili! Diciamo che un ruolo fondamentale l’hanno mamma e papà?
Essere l’unico bimbo in casa gli permette di avere tutte le attenzioni dei genitori, dei nonni e degli zii. Ma non è vero che non imparerà mai a dividere qualcosa con qualcun altro.
Probabilmente era così fino a venti anni fa. Quando non tutti i bambini andavano all’asilo e il centro di socializzazione per eccellenza era la scuola elementare. Ma ormai praticamente tutti i cuccioli di casa a tre anni cominciano ad andare all’asilo e ad avere incontri (e scontri) ravvicinati con altri cuccioli dal moccolo facile.
A tre anni il carattere di un bambino può ancora essere corretto (a sei è ben più difficile!). L’asilo potrebbe essere un ottima occasione per togliersi tutte quelle brutte abitudini prese a casa.
È vero però che con un fratello andrebbe diviso tutto: dall’amore della mamma, ai giochi, agli spazi. Ma un fratello non è solo avere di meno. Il rapporto che si crea tra fratelli è un legame che supera il sentimento, è telepatia, è sentire le emozioni altrui, è capirsi con uno sguardo. Nessun amico potrà mai dare quanto un fratello.
I litigi, spesso anche furiosi che potrebbero sfociare nel lancio di qualsiasi cosa, servono a rafforzare la loro complicità. Nessun asilo o centro ricreativo potrebbe mai creare un legame analogo.
Ma se è così bello avere uno o più fratelli e sorelle che girano per casa perché sempre più coppie decidono di avere un solo figlio? In Cina il figlio unico è legge, e in Italia?
Decidere di avere solo un figlio è una scelta a volte dettata dall’economia. Nessuno può negare che pannolini, creme e cremine, gli omogeneizzati e le pappe, i vestiti e le scarpe non abbiano il loro costo. A volte molto elevato solo per far aumentare i profitti delle case produttrici: basta pensare al latte in polvere in Italia costa quattro volte di più che in Francia! Eppure è lo stesso latte!
La parola economia però significa anche lavoro e avere figli può voler dire fare dei sacrifici. Uno dei due genitori (più spesso la mamma) dovrà accantonare la carriera per: fare l’inserimento al nido, stare a casa quando il pupo si ammala, andare a prenderlo all’asilo, preparare la torta di compleanno, accompagnarlo a calcio, a danza, ecc… Tutte attività fantastiche, nessuno lo nega, ma che certo raramente vengono gratificate. Rinunciare alla carriera per dedicarsi ai figli non sempre è facile. Soprattutto nella società contemporanea che vede le donne impegnate a tempo pieno sia a casa, sia in un ufficio. Se con un figlio gli impegni sono numerosi, con due raddoppiano, con tre triplicano!
Anche l’età della mamma può essere determinante: decidere di laurearsi, di conseguire dottorati o master, di trovare un lavoro e, soprattutto, di farlo diventare “fisso”, sposta l’età delle neo mamme a 35 o 40 anni. A questa età le donne sono più apprensive e tendono a proteggere troppo i bambini, hanno un senso del pericolo fin troppo sviluppato!
Questi due fattori sono strettamente collegati, soprattutto se pensiamo che non si può vestire un bambino con i rimborsi spese degli stage! Ma è anche vero che non si può aspettare di avere un lavoro a tempo interminato, avere la casa di proprietà, avere tutti i mobili, la macchina, lo schermo piatto già pagati per mettere in cantiere un bimbo. Come sempre la giusta misura sta nel mezzo.
E sta nel mezzo anche per le famiglie estremamente numerose: dividere tutto con altri 12 tra fratelli e sorelle non deve essere facile!