Il legame che si instaura tra mamma e bambino durante la gravidanza è qualcosa di magico e misterioso che segna entrambi per tutta la vita.
Proprio per questo i comportamenti di ogni donna incinta influenzeranno il benessere psicofisico dei loro figli per sempre. La salute futura dei bambini si decide in appena 1000 giorni, la maggior parte dei quali vengono trascorsi proprio nel grembo materno.
Noi di wellMe abbiamo affrontato il problema in ogni sua sfaccettatura, dal fumo all’alimentazione, dall’attività fisica al sesso, fino allo stress e all’inquinamento. Ma anche l’alcol rappresenta un pericolo davvero serio.
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), in collaborazione con 7 neonatologie italiane, ha condotto uno studio che ha rilevato come il 7,6% dei neonati sia esposto all’alcol nell’utero materno. Ciò aumenta fortemente il rischio di sviluppare deficit fisici, nervosi e comportamentali propri della sindrome feto-alcolica.
Anomalie cranio-facciali (tra cui microcefalia), disfunzioni del sistema nervoso centrale (iperattività, deficit di attenzione, ritardo mentale e disfunzioni dell’apprendimento) e rallentamento della crescita. Ma anche complicazioni renali, cardiache (difetto del setto) e gastriche.
I bambini colpiti da FAS hanno caratteristiche facciali tipiche. Occhi piccoli e distanziati tra loro, naso piccolo e rivolto in su, mento “sfuggente” (anormale sviluppo mandibolare), danni alla cornea, ipotonicità muscolare a livello della muscolatura estrinseca dell’occhio.
Il gruppo di studio, capeggiato dalla dottoressa Pichini, ricercatrice dell’ISS e responsabile dell’indagine, ha messo in luce che c’è un consumo di alcol in gravidanza sottostimato. L’analisi sul meconio di 607 neonati, infatti, ha rivelato un’esposizione media del 7,6% di neonati. Invece, la distribuzione nelle diverse città campione è molto diversificata: dallo 0% nella neonatologia di Verona ad un 29% nella neonatologia dell’Umberto I di Roma.
“Queste differenze riflettono l’efficacia delle campagne di informazione, pianificate in modo più attento proprio dove l’abitudine all’alcol è più diffusa“,
spiega la dottoressa Pichini, ricordando che non c’è una soglia al di sotto della quale l’assunzione di alcolici in gravidanza possa dirsi sicura.
Anche un uso giornaliero moderato, che in altre fasi della vita è considerato normale, può determinare deficit intellettivi, sindrome da iperattività, comportamenti aggressivi e violenti durante l’adolescenza, problemi di socializzazione e ritardi nella crescita.
“Per questo, raccomandiamo alle donne che aspettano un bambino –incalza la Pichini– di astenersi completamente dell’alcol. Anche l’eccezione di una sola sera può essere pericolosa, se proprio in quel momento il feto sta sviluppando qualche parte del sistema nervoso“.
Come per le altre malattie, la diagnosi precoce è fondamentale perché interventi tempestivi possono limitare i danni.
“I neonati devono avere un follow-up specifico -spiega ancora Simona Pichini- perché ancora non si sa che percentuale di loro svilupperà una sindrome feto alcolica e quanti di loro svilupperanno uno spettro di disordini feto alcolici“.
Per aiutare i medici, neonatologi e pediatri a diagnosticare la sindrome è stata pubblicata dall’Osservatorio Fumo, Alcol e Droga dell’ISS la “Guida alla diagnosi dello spettro dei disordini feto alcolici“, che aiuta a diagnosticare la sindrome feto-alcolica (FAS) e lo spettro dei disordini feto alcolici (FASD), due patologie di difficile diagnosi.
Il messaggio degli esperti, quindi, è forte e chiaro: niente alcol in gravidanza. Neanche un bicchiere.