A seconda del colore del liquido amniotico – la linfa vitale in cui galleggia il feto all’interno dell’utero – si può stabilire se il bimbo avrà qualche tipo di patologia.
Il liquido, un misto di acqua, sali minerali, lipidi e proteine prodotto dalla placenta e dalle membrane uterine, dal quarto mese viene secreto dall’urina del bambino stesso – una sostanza molto più simile al plasma che alla pipì vera e propria. Il suo ricambio è garantito dalla continua produzione e ingestione fetale e la sua funzione è quella di mantenere costante la temperatura del sacco amniotico: è questo che fuoriesce quando si rompono le acque nel momento in cui la testa del feto preme per uscire.
Per capire se il liquido in questione è del colore giusto, si ricorre all’amniocentesi, trattamento sempre meno invasivo e sempre più sicuro: generalmente il fluido è incolore, trasparente (nel 90% dei casi); tuttavia a volte può essere verdastro – cosa che dipenderebbe da parti di contenuto intestinale passate in esso che denotano una disfunzione comunque non patologica. Si tratta in questo caso di emissioni di meconio, le secrezioni intestinali unite alle cellule epiteliali desquamatesi: ma talvolta un po’ di stress, anche solo una temporanea compressione del cordone ombelicale, può provocare il rilassamento degli sfinteri, con una conseguente fuoriuscita di contenuto intestinale, ma questo non implica minimamente sofferenze fetali o quant’altro.
Altre volte il colore può essere bruno o rosso, a seconda che si tratti di emorragie di vecchia data o recenti e in questo caso le perdite di sangue sono dovute al distacco della placenta o a rottura dei vasi fetali.
Le diversi colorazioni si possono riscontrare sia alla 16-20esima settimana, sia a gravidanza avanzata e durante il travaglio: al termine della gestazione e prima della rottura del sacco amniotico si può ricorrere all’amnioscopia, tramite un piccolo tubicino infilato direttamente nella cervice, per determinare il colore del liquido.
Inoltre, per integrare i risultati degli esami suddetti, è utile avvalersi di ecografie del volume del liquido stesso tramite la misurazione della tasca più profonda o la somma delle 4 più profonde situate nei 4 quadranti dell’utero: alterazioni della mole, soprattutto nel terzo trimestre, possono essere sinonimo di patologie.
Ovviamente i dati raccolti possono essere utilissimi per valutare la situazione clinica e intervenire tempestivamente con la terapia più idonea.
Valentina Nizardo