In gravidanza, restare troppe ore in piedi e lavorare più di 40 ore a settimana potrebbe rallentare la crescita del feto. È quanto sostengono i ricercatori dell’Università di Rotterdam in uno studio pubblicato sulla rivista Occupational and Enviromental Medicine, i quali, però, tranquillizzano affermando che la salute del piccolo non ne risente.
La ricerca ha coinvolto 4.680 donne olandesi ed ha rilevato che, non tanto lo sforzo fisico né il sollevamento dei pesi, quanto un orario di lavoro superiore alle 40 ore settimanali e stare in piedi troppo a lungo compromettono la crescita del bambino.
Le partecipanti sono state seguite fin dall’inizio della gravidanza, avevano concepito in modo spontaneo e partorito tra il 2002 e il 2006. A metà della gravidanza, le gestanti sono state intervistate sul loro lavoro: quasi 4 su 10 hanno dichiarato di stare a lungo in piedi, nella loro attività, e poco meno della metà di camminare molto durante l’orario di lavoro.
Soltanto il 6% sollevava spesso dei pesi e il 4% svolgeva turni di notte. Come indicatore della crescita fetale è stata considerata la circonferenza della testa del nascituro, monitorata durante la gestazione attraverso periodici controlli e poi verificata alla nascita.
“Non abbiamo trovato un legame tra il fatto di svolgere un’attività che richiedeva uno sforzo fisico e il rischio di parto prematuro, di basso peso alla nascita o in relazione all’età gestazionale – afferma Alex Burodorf, del Dipartimento di sanità pubblica dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam – né questi fattori dipendevano dal fatto di lavorare a tempo pieno o part time o di aver smesso di farlo a 34 o 36 settimane di gestazione“.
Le donne che facevano straordinari, superando le 40 ore settimanali hanno dato alla luce bambini più piccoli rispetto a quelle che erano rimaste sotto le 25 ore, con una circonferenza cranica inferiore di 1 cm e con due etti di peso in meno alla nascita.
Dallo studio olandese è emerso che una donna su quattro lavorava, durante la gravidanza, più di 40 ore a settimana, svolgendo anche turni di notte e sollevando pesi. Fortunatamente la legge italiana è più avanzata in materia, in quanto proibisce i turni di notte fin dall’accertamento della gravidanza, ma non sempre è rispettata, soprattutto da chi lavora in nero o in proprio.
“Non è il lavoro in sé che nuoce – conclude l’esperto olandese – Anzi, le donne impiegate fuori casa tendono in generale ad avere meno complicazioni in gravidanza rispetto alle casalinghe: l’importante però è prestare attenzione ai possibili fattori di rischio, come quelli emersi dal nostro lavoro“.
Esistono molte situazioni lavorative precarie e spesso lavorare è una necessità, soprattutto di fronte a condizioni economiche non molto favorevoli. Tuttavia, anche le donne che, per lavoro, sono costrette a lunghe ore in piedi dovrebbero tutelare se stesse e il bambino che portano in grembo, concedendosi un po’ di tempo per riposare e sdraiarsi, in modo da favorire la circolazione del sangue al feto.
Silvia Bianchi
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