Si chiama Lotus Birth ed è una procedura di nascita in cui il cordone ombelicale non viene reciso e il neonato rimane attaccato alla placenta, fino a quando non si staccherà da solo.
Questo metodo è stato sperimentato per la prima volta dall’americana Claire Lotus Day – da qui la denominazione Lotus Birth – la quale, negli anni ’70, lasciò il cordone di suo figlio intatto e aspettò il suo naturale distacco.
Si tratta di una pratica antichissima, risalente all’epoca dei Faraoni egiziani e ancora presente tra gli aborigeni australiani.
Il contatto prolungato con la placenta permette al neonato di ricevere tutto il sangue placentare presente al momento della nascita. Il ruolo fondamentale della placenta è dovuto al fatto che è grazie a questa che il feto si sviluppa e cresce.
La placenta infatti, durante la gravidanza, svolge le funzioni di polmoni, fegato, apparato digerente, stomaco, ecc. Insomma tutte le funzioni degli organi vitali che si formeranno nel bambino nel corso dei nove mesi. Fino al momento della nascita, bambino e placenta sono una cosa sola. Il feto riceve ossigeno, nutrimento e anticorpi ed elimina l’anidride carbonica e altre sostanze residue proprio grazie alla placenta.
Al momento del parto la placenta misura circa 20 cm di diametro, pesa quasi 500 gr e contiene tra i 54 e i 160 ml di sangue. La nascita è il momento di transizione dalla respirazione placentare a quella polmonare, in cui il neonato comincia ad usare le narici per respirare. Se rimanesse attaccato alla placenta questo passaggio avverrebbe in maniera graduale.
I benefici del Lotus Birth
Secondo i sostenitori di questa pratica, inoltre, il Lotus Birth avrebbe diversi benefici alla mamma e il bambino. Per quanto riguarda la mamma, ci sarebbe un minor rischio di emorragie post-partum. L’utero potrebbe ridursi più rapidamente e i tempi di cicatrizzazione si dimezzerebbero. Per quanto riguarda il neonato, invece, si potrebbe verificare una minore incidenza di anemia, grazie al maggior apporto i ferro, maggiore quantità di cellule staminali, minor necessità di trasfusioni, maggior apporto di vitamine, minor sindrome di stress respiratorio, minor possibilità di malattie celebrali, come l’autismo e la schizofrenia, migliori funzioni renali, maggiore qualità dell’allattamento, guarigione più rapida dell’ombelico e minor rischio di tetano neonatale.
Ecco dunque come mantenere la placenta:
- aspettare che venga espulsa completamente ed avvolgerla in una vaschetta vicino al bambino
- scolarla il giorno dopo il parto e sciacquarla con acqua tiepida
- avvolgerla in panno assorbente da cambiare ogni giorno. Può anche essere cosparsa con del sale e qualche goccia di olio essenziale.
- spostare bambino e placenta il meno possibile
- se l’ombelico si arrossa si può mettere qualche goccia di latte materno oppure di olio di mandorle.
Entro 7-8 giorni dal parto ci sarà il distacco naturale del cordone dall’ombelico.
Per avere maggiori informazioni su questa pratica si può contattare l’associazione Lotus Birth Italia.
Silvia Bianchi