L’International Menopause Society, in occasione dei dieci anni dalla pubblicazione dei dati di uno dei più ampi studi condotti in tema di menopausa, il Women’s Health Initiative, ha pubblicato le linee guida sull’impiego di una terapia ormonale sostitutiva (Tos).
Lo studio, che coinvolse 16 mila americane tra i 50 e i 79 anni, doveva durare 8 anni ma fu allora interrotto perché fra le donne sottoposte a Tos si erano verificati molti più casi di malattie cardiovascolari, embolie polmonari e tumore al seno rispetto alla media. Fu così che le prescrizioni di ormoni furono in gran parte abbandonate.
Ma oggi è chiara uno cosa: in quello studio erano state date dosi molto alte di estrogeni e per di più a donne che avevano in media più di 60 anni, quando di solito i sintomi della menopausa sono già finiti e raramente si comincia una Tos.
Inoltre, aggiunge Marco Gambacciani, responsabile del Centro Menopausa al Dipartimento di ostetricia e ginecologia del Santa Chiara di Pisa, uno degli autori delle linee guida dell’International Menopause Society, “un terzo di quelle donne era ad alto rischio cardiovascolare perché soffriva di ipertensione e oltre il 30% era seriamente obesa. Dare a queste signore ormoni in dosi adatte a donne di 15 o 20 anni più giovani non poteva che provocare guai, però la bomba è esplosa comunque: la prescrizione di Tos in Italia era arrivata al 12-14% delle donne in menopausa, oggi siamo al 4-5%. E negli Usa l’abbandono in massa della Tos si è accompagnato a un incremento del 70% delle fratture da fragilità ossea“.
LE LINEE GUIDA. Al di là del fatto che è opportuno valutare sempre caso per caso, la Tos andrebbe seguita quanto basta per superare il periodo critico sintomatico. “La Tos non va data a chi ha un tumore al seno o all’utero, a chi ha sofferto di trombosi, a chi ha un’insufficienza epatica e se c’è un sanguinamento vaginale di cui non si conosce la causa. Infine, la terapia va personalizzata anche nelle modalità di somministrazione: il cerotto, ad esempio, può essere la scelta più indicata per chi ha un maggior rischio di trombosi venosa perché non vi incide in maniera sostanziale“, afferma Gambacciani.
Non solo, ma una Tos può trasformarsi in un ottimo strumento di prevenzione, perché, come sostiene Rossella Nappi, docente della sezione di Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Pavia e membro del consiglio direttivo della International Menopause Society, “è più probabile che una donna che segue la Tos controlli più spesso pressione, glicemia e colesterolo, si sottoponga a una visita ginecologica all’anno ed esegua almeno una mineralometria ossea per accertarsi che le ossa non abbiano perso smalto“.
E a chi pensa che la Tos sia superflua perché sostiene che menopausa non sia una “malattia” da medicalizzare, Nappi risponde: “Le donne vivono fino a 80 anni e oltre, per cui passano in menopausa gran parte dell’esistenza: ritardare, grazie a una Tos mirata fatta al momento giusto, alcuni problemi legati all’invecchiamento, come la fragilità ossea o il maggior rischio cardiovascolare, significa vivere meglio più a lungo. Non è il semplice desiderio di rimanere giovani o avere la pelle bella che guida la scelta di una terapia sostitutiva“.