I bambini che nascono prematuri a 24 settimane oggi hanno maggiori possibilità di sopravvivere, ma, allo stesso tempo, è aumentato il numero di coloro che vivono con disabilità.
Lo dice una ricerca della University College London (UCL) e della Queen Mary, University of London, finanziata dal Medical Research Council (MRC) e pubblicata sul British Medical Journal, che riaccende i riflettori sull’aborto e sulle polemiche che circondano l’interruzione spontanea di gravidanza.
In Inghilterra, infatti, l’aborto su richiesta è permesso sino a 24 settimane, ovvero oltre la metà di una normale gravidanza, che dura 40 settimane. Si tratta del più alto limite consentito per legge in tutta Europa, con Francia e Germania, ad esempio, che permettono l'”aborto sociale” (“social” abortion) solo fino, rispettivamente, alla decima e alla dodicesima settimana.
Ma, se i feti possono sopravvivere anche così prematuri e, ormai si sa, nascono in grado di respirare e piangere anche a sole 19 settimane, ecco che i medici mostrano sempre più difficoltà nell’abortire questi bambini, che potrebbero nascere vivi.
“Se la discriminante è la base su cui è fissato il limite a 24settimane per l’aborto, allora la risposta più semplice è che deve cambiare la legge e ridurre il limite a 18 settimane“, sostiene Stuart Campbell, professore ordinario di ostetricia e ginecologia al St George’s Hospital di Londra, che nel 2004 aveva già pubblicato un libro in cui mostrava immagini di feti, espressioni del viso e movimenti di “camminata” ripresi con ultrasuoni 3-D.
Il nuovo studio ha comparato i dati di un gruppo di bambini nati tra le settimane di gestazione 22-26 nel 2006 con quello di altri neonati prematuri nati tra le settimane 22-25 nel 1995, trovando un consistente miglioramento nelle probabilità di sopravvivenza.
Il numero di bambini nati a 22-25 settimane e ammessi alla terapia intensiva è cresciuto, negli 11 anni presi in considerazione del 44%. L’aumento della sopravvivenza è stato del 13%, passando dal 40% del ’95 al 53% del 2006. Nessun incremento significativo, invece, in termini di sopravvivenza per i bambini nati prima di 24 settimane.
Del campione analizzato, è però risultato anche un maggior numero di casi di bambini nati a 22-25 settimane che soffrono di gravi problemi di salute nell’infanzia. Complessivamente l’11% in più dei bambini è cresciuto fino all’età di tre senza disabilità, ma la percentuale di sopravvissuti con disabilità gravi era di uno su cinque. Le cifre indicano, quindi, che un crescente numero di bambini prematuri sopravvive, ma con disabilità anche a lungo termine in aumento. Si tratta di problemi come malattie polmonari, difficoltà di apprendimento e paralisi cerebrale.
I tassi di bimbi nati prematuri, in aumento in molti Paesi europei ed elevati nel Regno Unito, sono imputabili anche a una maggiore percentuale di madri più in là con gli anni. “I nostri risultati – spiega il Professor Neil Marlow, dell’Institute for Women’s Health dell’UCL e autore dello studio – mostrano che più bambini ora sopravvivono anche se nati troppo presto rispetto al passato, il che è testimonianza del lavoro del personale altamente qualificato che si dedica ai servizi neonatali. Ma, con l’aumento del numero di bambini nati prematuri che sopravvivono, aumenta anche il numero di coloro che soffriranno di disabilità per tutta la vita. Questo potrebbe avere un impatto su sanità, istruzione e servizi di assistenza sociale“.
Roberta Ragni