Fare un Pap test ogni anno non serve più. Per lo screening contro il Papillomavirus umano (Hpv), il principale responsabile dell’insorgenza del cancro al collo dell’utero, è sufficiente controllarsi ogni 3 anni: ad affermarlo è Umberto Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto europeo oncologico, nel corso del convegno “Le nuove cure a misura di donna“.
“Nei tumori ginecologici – ha affermato Veronesi – sono avvenuti i cambiamenti più significativi nella lotta al cancro degli ultimi 50 anni: il cancro del collo dell’utero è ridotto all’incidenza minima grazie al nuovo test virale associato al Pap-test e si avvia a scomparire totalmente in futuro grazie alla vaccinazione; il cancro dell’ovaio si può evitare nel 50% dei casi grazie alla pillola anticoncezionale“.
Ecco perché gli esami possono essere eseguiti a intervalli più lunghi. “L’individuazione della causa virale del cancro della cervice in alcuni ceppi di Hpv ha rivoluzionato in pochi anni la prevenzione di questo tumore – afferma Mario Sideri, Direttore dell’Unità di Ginecologia Preventiva dello IEO di Milano -. Oggi invertiamo il trend della prevenzione oncologica: chiediamo alla donna meno esami, ovvero a intervalli più lunghi, perché quelli di cui disponiamo sono più efficaci. È necessario ora un grande sforzo informativo“.
In realtà, il Pap test non va del tutto in pensione. Il nuovo schema di prevenzione (già adottato negli ultimi due anni in alcune Regioni italiane, come ad esempio l’Abruzzo) è strutturato così: nelle giovani donne fra i 25 e i 30-35 resta valida l’indicazione al Pap test una volta ogni tre anni perché l’Hpv test a quest’età individua molte lesioni che scomparirebbero da sole nel tempo. Oggi sappiamo infatti che dall’inizio della vita sessuale fino ai 30 anni circa l’80% delle donne convive per un periodo con l’Hpv, poi per fortuna il virus sparisce spontaneamente nella maggior parte dei casi. Al contrario, dai 30-35 anni in su lo screening dovrà avvenire con l’Hpv-DNA test ogni cinque anni.
Per il carcinoma ovarico, purtroppo, fare prevenzione e diagnosi precoce invece non è così semplice, perché la malattia non dà sintomi finché non è già in fase avanzata e la posizione anatomica in cui sono localizzati li rende quasi sempre invisibili agli esami. “Se scoperto in stadio iniziale – ha chiarito Nicoletta Colombo, direttore dell’Unità di ginecologia oncologica Ieo – il tumore è guaribile nell’80% dei casi, ma ancora oggi meno del 30% delle neoplasie viene diagnosticato in questa fase“.
Esiste però un potente strumento di prevenzione: la pillola anticoncezionale, che, assunta per lunghi periodi, può ridurre fino al 60% le probabilità di ammalarsi. Insomma, è questa la nuova e rivoluzionaria strategia, ispirata dalle recenti acquisizioni della ricerca oncologica e sintetizzata in chiave predittiva, di Umberto Veronesi.
Roberta Ragni