La sindrome di Rett è una patologia progressiva dello sviluppo neurologico che colpisce quasi esclusivamente le bambine tra i 6 e i 24 mesi, età in cui presenta un arresto dello sviluppo seguito da una regressione.
Scoperta nel 1966 ma riconosciuta ufficialmente solo nel 1983, ancora oggi si brancola nel buio alla ricerca delle strategie terapeutiche che la possano debellare. Ora una speranza sembra arrivare dagli omega 3, così come dichiarato da uno studio del Policlinico Santa Maria alle Scotte di Siena.
Il neonatologo Claudio De Felice e il neuropsichiatra infantile Joussef Hayek, in collaborazione con il Cnr di Napoli e l’Università di Ferrara, hanno concentrato i loro studi proprio sugli effetti degli omega 3 nelle fasi precoci della malattia dimostrando un miglioramento delle funzioni respiratorie, motorie e comunicative.
La ricerca è stata condotta su 20 bambine tra i 2 e i 3 anni al primo stadio della malattia. A metà di loro è stato somministrato un olio di pesce contenente omega 3 ad alto dosaggio e particolarmente puro, senza additivi aggiunti ed estratto a freddo. Alle rimanenti 10 (il gruppo di controllo) non è stato somministrato alcunché. Dai risultati emerge che dopo sei mesi dall’inizio della sperimentazione, nel primo gruppo si è rilevato un significativo miglioramento del quadro clinico, soprattutto per l’area motoria, la comunicazione non verbale e la funzione respiratoria.
Questo perché, come spiega il Professor De Felice, “gli omega 3 riducono lo stress ossidativo delle bambine con sindrome di Rett, ma questo miglioramento avviene solo contestualmente alla somministrazione, poi la situazione torna come prima“.
Nello specifico, “queste piccole pazienti hanno nell’organismo una quantità di ossigeno inferiore alla norma, è il sistema di bilanciamento rispetto allo stress ossidativo che non funziona come dovrebbe. Nelle persone sane tale situazione, tipica per esempio di quando si fa sport, viene risolta grazie a un sistema di difesa dell’organismo formato da vitamine. Dunque – conclude De Felice – nelle pazienti trattate con omega 3 abbiamo osservato una netta diminuzione dei livelli di marker di stress ossidativo nel sangue“
Uno studio davvero importante – pubblicato sulla rivista Genes & Nutrition – che dimostra come un intervento a base di integratori alimentari per un breve periodo e nello stadio iniziale della malattia, possa modificare gli aspetti clinici e biochimici della sindrome, in assenza di effetti collaterali. Ora resta da individuare dosaggio e durata del trattamento, nonché la sua eventuale formulazione chimica.
Fabrizio Giona