Mentre salgono tutti gli indici della procreazione medicalmente assistita, numero di coppie che vi fa ricorso, numero di embrioni, cicli, gravidanze, età delle donne che si sottopongono ai trattamenti, da Londra arriva una ricerca che evidenzia un forte legame tra la stimolazione ovarica e .
A dirlo sono i ricercatori del London Bridge Fertility, Gynaecology And Genetics Centre che, studiando 34 coppie sotto trattamento, hanno osservato che i farmaci per la stimolazione possono danneggiare il materiale genetico degli ovuli. I rischi di contrarre la sindrome di down aumenterebbero anche con l’età: le donne al di sopra dei 35 anni sarebbero più a rischio di quelle più giovani.
I medici già sapevano che il rischio di avere un bambino con problemi genetici aumentasse con l’avanzare dell’età, ma ora i ricercatori londinesi hanno dimostrato che l’uso di farmaci per la stimolazione ovarica altera il delicato processo di duplicazione dei cromosomi, la meiosi. Le conseguenze sono anomalie nel numero dei cromosomi, con maggiore rischio di sindrome di down per il cromosoma 21, ma anche di altre malattie genetiche o di aborti.
Gli autori della ricerca, i professori Alan Handyside e Joep Geraedts spiegano che, nonostante sia necessario approfondire la scoperta e condurre ulteriori studi, questa ricerca potrebbe aiutare a identificare quali donne possano sottoporsi con successo ai trattamenti, definendola “un grosso passo in avanti per aiutare le coppie che sperano di ottenere una gravidanza e un figlio sani ad ottenerla”.
Dal momento che questi studi non sono definitivi, non è il caso di scatenarsi contro i farmaci. Ma è bene ricordare che il loro reperimento attraverso vie poco ortodosse, come catene solidali via web, è assolutamente pericoloso, per voi e per il futuro nascituro.
Roberta Ragni