Wi-Fi, gravidanza. L’esposizione delle donne ai campi elettromagnetici legati a dispositivi Wi-Fi e forni a microonde avrebbe un ruolo non secondario nello sviluppo dell’obesità infantile. A mettere in luce tale correlazione è un nuovo studio effettuato di recente presso l’Università di Oakland in California.
La preoccupazione per i possibili danni correlati alle tecnologie wireless, sempre più diffuse nelle abitazioni degli italiani e nei luoghi pubblici, ha raggiunto anche il nostro Paese, spingendo il Codacons a pronunciarsi in proposito, affinché venga posto un freno alla diffusione indiscriminata del Wi-Fi. Secondo quanto dichiarato da parte del Codacons, infatti, lo studio statunitense non farebbe altro che dimostrare come i campi elettromagnetici possano avere degli effetti negativi sull’uomo ed in particolare sul nascituro.
Lo studio in questione è stato effettuato da parte del Kaiser Foundation Research Institute ed andrebbe a confermare ricerche già svolte in precedenza, secondo le quali i campi elettromagnetici influirebbero sul metabolismo del glucosio. Gli esperti hanno preso in considerazione un ampio campione formato da 1063 donne in gravidanza, che al momento si trovavano tra le 3 e le 15 settimane di gestazione.
L’obesità infantile non è l’unica grave conseguenza correlata dagli esperti all’esposizione delle donne in gravidanza ai campi elettromagnetici. Essi sarebbero infatti implicati anche nell’insorgere di ulteriori patologie nei neonati e non solo. L’esposizione ai campi elettromagnetici non soltanto sarebbe in grado di danneggiare i sistemi endocrini e metabolici dei più piccoli, ma anche di compromettere la qualità dello sperma negli uomini adulti, di provocare aborti spontanei e di innalzare il rischio per i neonati di incorrere in patologie quali l’asma infantile.
Per tale insieme di motivi, il Codacons si sarebbe espresso a sfavore della diffusione di reti Wi-Fi nei luoghi maggiormente frequentati da donne in gravidanza e da bambini, tra i quali vi sono, come appare immediatamente chiaro, parchi pubblici, scuole dell’infanzia e scuole primarie, biblioteche, ospedali e cliniche pediatriche.
Marta Albè