Si celebrerà domani 17 novembre la Giornata Mondiale del Neonato Prematuro.
Un fenomeno in aumento che incide non solo sulla qualità della vita di bambini e delle loro famiglie, ma anche sui costi sanitari. La SIN, Società Italiana di Neonatologia, sottolinea l’importanza della prevenzione per garantire una vita migliore ai bambini e la necessità di rendere i punti nascita e le terapie intensive neonatali luoghi “a misura di famiglia”, per sostenere e coinvolgere i genitori in momenti di grande fragilità.
I DATI. Sono 40mila ogni anno (6,9% dei nati vivi) i neonati che in Italia nascono pretermine, ossia prima della 37esima settimana di gravidanza. La maggior parte viene al mondo dopo la 32esima settimana, mentre il 2% anche prima, in un’epoca gestazionale in cui sale il rischio di mortalità prenatale (al di sotto delle 30 settimane il rischio di morte è del 30-35%). Per chi sopravvive non mancano disabilità più o meno gravi, inversamente proporzionali all’età gestazionale (0,5-1% al di sopra delle 32 settimane e 10-20% al di sotto delle 32 settimane).
“Si tratta di un fenomeno in crescita, diventato un problema di salute pubblica, che deve essere considerato in termini di prevenzione, cura e assistenza e che induce a riflettere sull’inizio vita in modo sempre più responsabile“. È quanto sottolinea il prof. Costantino Romagnoli, presidente della SIN Società Italiana di Neonatologia.
L’attenzione dei neonatologi oggi è particolarmente rivolta ai nati da parto estremamente pretermine (prima delle 28 settimane). Si tratta di neonati particolarmente fragili, con immaturità più o meno accentuate di organi e apparati, che hanno bisogno di cure intensive specifiche. Cure i cui costi oscillano tra i 100 e i 300 mila euro a seconda della patologia che i neonati presentano e cui vanno poi aggiunti i costi per le eventuali complicanze a distanza che possono verificarsi (riabilitazione, sostegno scolastico ed eventuale terapia dell’handicap).
LE CAUSE. Patologia della gravidanza (ipertensione, diabete, infezioni), gravidanze a rischio (anomalie anatomiche dell’utero, gemellarità, gravidanze indotte) ed età della gestante (sotto i 20 o sopra i 38 anni) sono tra le cause principali dell’aumento della prematurità, ma l’assenza di prevenzione e la procreazione medicalmente assistita sono sempre più in gioco nel causare prematurità. Non vanno trascurati anche gli stili di vita non idonei (alcolismo, tabagismo, uso di droghe) come causa di prematurità o di grave ritardo della crescita fetale.
“Assicurare ai nati pretermine il pieno diritto alla vita, alle cure e alla salute, come già sancito dai principi di bioetica e dalla giurisprudenza, richiama noi tutti a una forte responsabilità” – continua il prof. Romagnoli. Un obiettivo che va perseguito attraverso un’azione sinergica di prevenzione, informazione e miglioramento della qualità dell’assistenza medico-sanitaria con l’adozione di principi di ‘care’ nei punti nascita e nelle Terapie Intensive Neonatali (TIN).
Su questo ultimo punto, la SIN insiste da tempo e, nel 2010, ha contribuito alla realizzazione del “Manifesto dei diritti del bambino nato prematuro” promosso dall’associazione Vivere Onlus, permettendo all’Italia di essere il primo Paese a rispondere all’appello delle Nazioni Unite. “Stiamo lavorando per rendere la totalità dei punti nascita italiani, e le annesse Unità di Terapia Intensiva Neonatale, non solo a misura di bambino ma anche a misura di famiglia, secondo un principio inclusivo di ‘care’, favorendo la vicinanza dei genitori ai loro piccoli 24 ore su 24, utilizzando tutti gli strumenti come il Rooming-in, la Kangaroo Mother Care, sognando la realizzazione delle Family Room, e rispettando il principio del consenso informato e dell’umanizzazione della medicina. I neo-genitori vivono emozioni contrastanti e spesso sono costretti a decisioni difficili sui limiti dell’accanimento terapeutico” – conclude il neonatologo – “Devono essere coinvolti e supportati prendendosi cura, insieme ai medici, del neonato a rischio già all’interno dell’ospedale e, successivamente, nel follow-up dopo la dimissione, sino all’età di 6-8 anni, con l’intervento determinante del pediatra di famiglia“.
Sul piano della prevenzione e della informazione, infine, il presidente si appella alla responsabilità sociale e medica: “La medicina è in grado di prevenire in molti casi i parti pretermine, ma educare alla prevenzione è determinante per difendere la qualità della vita e ridurre i costi della spesa sanitaria“.