Il grande giorno si avvicina. Il 24 aprile prossimo si terrà a Sassari il primo convegno regionale sull’Insufficienza venosa cronica cerebrospinale, meglio nota come CCSVI, la patologia individuata di recente dal professor Paolo Zamboni che pare sia direttamente collegata alla Sclerosi multipla.
Dopo il silenzio iniziale sulla nuova scoperta, finalmente le cose iniziano a muoversi e, sia i mezzi di comunicazione che l’opinione pubblica, stanno focalizzando l’attenzione su questa nuova strada che potrebbe portare alla cura della Sclerosi multipla. Al convegno, il più importante evento organizzato finora in Sardegna su questo tema, parteciperanno oltre ai malati, alla stampa e ad alcuni rappresentanti politici regionali, il professor Zamboni e il dottor Fabrizio Salvi, i “padri” della CCSVI.
Ad oggi però pare che all’evento ci sia un “grande assente”: l’Aism, l’Associazione italiana sclerosi multipla. In realtà non c’è stata nessuna comunicazione ufficiale ma, nonostante le diverse sollecitazione fatte da wellMe in questi ultimi giorni, a tutt’oggi l’associazione non ha spiegato se abbia intenzione o meno di partecipare all’evento del 24 aprile prossimo. Insomma un vero e proprio “no” non c’è stato, ma sembra quantomeno strano che a quasi 10 giorni dal convegno la maggiore associazione nazionale sulla Sclerosi multipla non abbia comunicato la propria partecipazione a un così rilevante evento. Si tratta di una scelta dell’ultimo minuto (cosa che comunque appare singolare vista l’importanza del convegno) oppure di un modo per non comunicare direttamente la volontà di non esserci? Staremo a vedere.
In ogni caso viene da chiedersi come mai il mondo della ricerca continui a non dare fiducia a una scoperta che rappresenta uno dei fiori all’occhiello della nostra medicina. La Ccsvi non è infatti soltanto una scoperta scientifica, è una rivoluzione nel campo della cura della sclerosi multipla che però potrebbe avere pesanti ripercussioni sugli equilibri dei vari gruppi di pressione che lavorano sia in campo universitario che medico-scientifico. La sclerosi multipla infatti non è solo una malattia tra le tante, è anche un business, come lo sono altre malattie croniche come l’Alzheimer, o patologie come il cancro o l’Hiv. Essa colpisce circa 1,3 milioni di persone nel mondo, di cui 57mila solo in Italia, con un’incidenza maggiore in Sardegna. Si tratta di una malattia socialmente dispendiosa: solo in Italia questa patologia costa allo Stato un miliardo e 600 mila euro l’anno. E che dire dei costosissimi farmaci che vengono continuamente sperimentati nel nostro Paese?
Uno per tutti è il Tysabri, che costa al nostro Servizio sanitario nazionale (Ssn) circa 3mila euro a confezione. Si tratta dunque di un giro d’affari enorme che potrebbe essere “scalfito” enormemente dall’introduzione di un intervento chirurgico come possibile cura della malattia. Questo vorrebbe infatti dire abbattere i costi (una persona con sclerosi multipla costa al Ssn 32mila euro l’anno) a vantaggio di tutta la comunità ma a svantaggio delle multinazionale che firmano i vari brevetti dei farmaci.
Quello che ci si può augurare è che la il mondo della politica spinga nella direzione giusta stanziando finanziamenti che favoriscano la continua sperimentazione della cura di Zamboni e dando così la possibilità, a chi ne faccia richiesta, di sottoporsi a questa nuova possibilità terapeutica. Nel frattempo che anche il nostro Paese sperimenti questo cambiamento di rotta, nel resto del mondo le cose vanno avanti: a Standford, Georgetown, Detroit, Buffalo, continuano gli studi e le sperimentazioni su questa nuova idea. Che sia la scoperta del secolo o che si tratti di un bufala colossale la teoria di Zamboni va sperimentata, analizzata, capita fino in fondo. Lo dobbiamo a tutti i malati di Sclerosi mulipla e anche a noi stessi.
In ogni caso, in attesa di vedere cosa succederà, vale la pensa ricordare due grandi vittorie del popolo dei malati di Sclerosi multipla che sostengono a gran voce la scoperta di Zamboni. La prima è la nascita dell’Associazione nazionale della Ccsvi nella Sclerosi multipla, la prima nata da Facebook (il gruppo omonimo conta attualmente quasi 17mila iscritti) che mira a sostenere il rapido accesso dei pazienti agli esami e agli interventi legati al nesso tra queste due patologie. Altra cosa è invece la creazione di un Centro di ricerca interdipartimentale “Centro malattie vascolari”, inaugurato a Ferrara il 26 marzo scorso, coordinato dalla fondazione Hilarescere, che farà da punto di contatto tra tutte le possibili ricerche sulla Ccsvi e che verrà dotato dalla Regione Emilia Romagna di un “programma di ricerca” mirato. È di pochi giorni fa inoltre la notizia della possibile istituzione, sempre all’interno del Centro, di un Master che possa formare i ricercatori sui nuovi strumenti utilizzati nella diagnosi e nella cura della Ccsvi.
Ma non è tutto. È stata da poco messa a punto anche una petizione da firmare online che mira alla creazione di centri di eccellenza per lo studio della Ccsvi che possano focalizzarsi sulla terapia endovascolare nel miglioramento della qualità della vita dei pazienti. Anche noi, nel nostro piccolo, potremmo favorire la sperimentazione concreta dell’idea di Zamboni magari proprio firmando la petizione che sostiene questa ricerca e dà una speranza concreta (anzi molto di più) ai malati di Sclerosi multipla.