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Tradimenti e vite parallele: vie di fuga o opzioni di riserva?

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Avere due relazioni, una ufficiale e una nascosta, due lavori, uno ufficiale e un hobby importante, migliaia di amici tra cui dividersi. Andare ad un concerto, poi ad un reading e infine a un aperitivo, tutto nella stessa serata.

Fare mille sport, frequentare gli ambienti più disparati e vari, avere perennemente qualcosa da fare. Essere con una persona e pensare a qualcun altro, fantasticare sull’uomo ideale – diverso da quello con cui stiamo -, sognare l’amore segreto durante il sesso.

Sono tutti modi, di variabile grado morale, di rifuggire da un impegno che viene vissuto come totalizzante. La pratica della fuga parziale – o dell’impegno dalla percentuale mutevole (50%?, 60%?, 72,5%? 81,3%?) è diffusa in molti campi, ma trova la sua espressione più cospicua nelle relazioni.

È il modo frammentario e discontinuo di stare al mondo, che esige la dispersione e che obbliga alla fretta.

È come se si volesse tenere costantemente aperto un percorso alternativo, un piano di riserva, che ci permetta di evitare una scelta radicale e completa. Coloro che vivono in questo modo raccontano, prima di tutto a se stessi, di non essere convinti pienamente di ciò che stanno facendo ma di non potere, perché impossibilitati da misteriose forze interne quali il senso di colpa o la terribile bugia del non voler ferire gli altri, abbandonare una persona/storia/lavoro. Anche quando la non convincente relazione va avanti da dieci anni o quando la loro passione artistica, che tanto non potrà mai essere il sostentamento, sta iniziando a dare i propri frutti.

Vivere sempre a metà, avendo a disposizione una “seconda scelta”, è dannoso per noi stessi e per gli altri. Ci impedisce di fare esperienze forti, perché mantenere una seconda storia, quella di riserva, ci preserva dal confronto con le conseguenze delle nostre azioni.

Si intraprende una relazione nuova ma si impongono mille distanze, evitando di entrare realmente nel rapporto e trattenendo sentimenti e dimostrazioni di affetto. Oppure, si coltiva un’altra relazione parallela, con un amante reale o anche solo immaginario. La parzialità è il modo migliore per far naufragare una relazione. Vuol dire impoverire ogni giorno il rapporto, togliendo il nutrimento che solo un’attenzione esclusiva può dare.

Spesso, coloro che sono coinvolti in amori paralleli riferiscono di non poter fare una scelta, perché rinunciare a una delle due situazioni li priverebbe di qualcosa di importante. Ma coltivare due relazioni è già una scelta precisa ed è una dimostrazione della mancanza di amore, per se stessi e per gli altri.

Vuol dire decidere deliberatamente di non dare fiducia e una possibilità concreta a nessuno dei due partner, così da proteggersi da eventuali ferite. Molte volte, infatti, a spingere al duplice rapporto è la paura di restare da soli o di soffrire per amore.

Ma anche stare in un’unica relazione, vivendola in modo da non farsi coinvolgere mai completamente, è quanto di più umiliante e mortifero si possa propinare ad un altro essere umano. La persona che dovrebbe amarci ci toglie ogni giorno sicurezza e fiducia, con i suoi dubbi e i rifiuti che ogni cuore innamorato percepisce con chiarezza. La continua sottrazione porta al logoramento e alla rottura, che magari avviene dopo anni sprecati ad inseguire ciò che non c’è mai stato.

Proteggersi dalle ferite dell’abbandono sembra la soluzione migliore, specialmente per le anime sensibili. Così, si finisce per allontanarsi dai propri sentimenti, in modo da non rischiare più quel dolore così intenso e difficile da sopportare. Si chiude il proprio cuore, si vive a metà o in modo tiepido, si rifugge dalla passione che arriva a scaldarci la vita e a sconvolgerci il quotidiano.

In questo modo, però, ci si lascia guidare dalla paura e si finisce per evitare di vivere l’unica esperienza in grado di scaldarci il cuore: l’amore. Che quando è vissuto con pienezza e senza timori può dar vita alle più grandi opere, può salvare esistenze in bilico e far ritornare alla luce ciò che era sepolto e privo di gioia.

Fiammetta Scharf

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