Sappiamo che la capacità di ridere e di rivolgere uno sguardo positivo alla vita è un toccasana per la salute.
Siamo a conoscenza del fatto che l’ottimismo aiuta a vivere più a lungo e che al contrario la tendenza alla depressione renda più deboli le nostre difese immunitarie.
È tutta una questione di scelta dunque? Sta solo a noi decidere con quale occhi guardare il mondo ogni mattina? Dipendono esclusivamente da noi le reazioni positive o negative ai diversi eventi, la voglia di combattere senza darci per vinti o la tendenza a lasciarci abbattere facilmente da ogni difficoltà? Non proprio.
Determinante è l’influenza dell’ambiente nel quale siamo cresciuti: molto influisce il clima che abbiamo respirato in casa e negli ambienti che abbiamo frequentato durante l’infanzia e l’adolescenza. È quanto emerge da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori australiani dell’Università di Melbourne e del Royal Children’s Hospital coordinati dal dottor Patton e pubblicato sulla rivista Pediatrics. Gli studiosi hanno preso in esame più di 5600 ragazzi di età compresa tra i 12 ed i 14 anni. Un’età di per sé piuttosto critica, in cui la tendenza al pessimismo è molto diffusa. L’età delle prime cotte che lasciano il segno, dei pensieri e delle delusioni affidate ad un diario o negli ultimi tempi anche a Facebook o ad un blog; l’età in cui ci si rifiuta di uscire dalla stanza perché è nato un nuovo brufolo o in cui si trascorrono ore sdraiati sul letto ad ascoltare la musica, riducendo al minimo i contatti con i genitori ed in generale con gli adulti perché “tanto non capiscono”.
Ebbene, anche durante l’adolescenza, quando sembra d’obbligo il rifiuto di tutti i modelli di comportamento appresi dai genitori, tende a permanere una tendenza di base all’ottimismo, se è stata trasmessa dal contesto familiare o sociale di appartenenza. I ricercatori hanno rivolto ai ragazzi domande inerenti il loro modo di pensare e le loro abitudini classificando poi le risposte in base a quattro livelli di ottimismo, da basso a molto elevato.
Ebbene, è stato possibile riscontrare come la tendenza a sottolineare gli aspetti positivi delle varie situazioni, o al contrario a porne in risalto gli elementi negativi, sia fortemente influenzata nei ragazzi dagli ambienti familiari e sociali di riferimento. Come dire che la capacità di vedere il bicchiere mezzo pieno si trasmette quasi in eredità ai propri figli. Se ci pensiamo bene è uno dei doni più preziosi che si possano fare ai giovani, perché un atteggiamento positivo ed ottimista, senza ignorare le difficoltà della vita, offre la grinta per risollevarsi dalle situazioni critiche, la forza per riprendere il controllo degli eventi nei momenti duri, la serenità di poter gustare in pieno le gioie disseminate lungo il cammino.
Francesca Di Giorgio