Una ricerca della University of Southern California condotta dal professor di neurobiologia David McKemy ha dimostrato che la sensibilità al freddo non è innata, ma si sviluppa nei primi 14 giorni di vita extrauterina.
È, infatti, nelle prime due settimane che si attivano le reti neuronali dei neonati: prima la formazione degli assoni dei nervi del midollo spinale non di è ancora ultimata.
Lo studio è stato pubblicato su Neuroscience online ed è stato, come sempre, condotto sul cervello dei topi, questa volta modificati geneticamente affinché fosse visibile, rendendola verde fluorescente, la proteina che si produce quando il “recettore al mentolo” (TRPM8), implicato nel sentire il freddo, viene attivato. “Circa tre o quattro giorni prima della nascita dell’animale la proteina è già attiva. Tuttavia, gli assoni dei nervi che entrano nel midollo spinale non sono completamente formati fino a due settimane dopo la nascita“, spiega lo stesso McKemy.
Il che vuol dire che noi sentiamo freddo a causa del TRPM8 e non dei neuroni.
Tanto più che nel 2008 l’Institute of Child Health presso l’University College di Londra aveva scoperto che i nati prematuri, una volta cresciuti sono meno sensibili alla temperatura. Questo a dimostrare che il circuito neuronale si forma del tutto dopo la nascita e che ciò che disturba il feto ha effetti a lungo termine.
Una possibile causa di questo ritardo dello sviluppo della sensibilità al freddo McKemy la ritrova nel fatto che non si possa provare freddo nel grembo materno – almeno a rigor di logica – e quindi solo una volta all’esterno di esso nel bimbo si attivano quei circuiti neuronali alla base dei brividi di freddo.
Questo genere di ricerche per capire i meccanismi molecolari delle sensazioni, oltre ad essere molto affascinante, risulta essere anche molto utile: infatti il recettore al mentolo, essendo attivo non solo nella sensazione di freddo ma anche in quella di dolore, era già stato implicato in altri studi su possibili terapie antidolorifiche – agenti sul sistema nervoso periferico e non centrale. Quindi la scoperta potrebbe essere fruttuosa sia riguardo alla sensazione di freddo dei diabetici che per combattere il dolore cronico.
Valentina Nizardo