Le bambine esposte a stress nel loro primo anno di vita hanno più probabilità di soffrire di problemi di salute mentale, come ansia o depressione, una volta adolescenti.
Tutta colpa del cortisolo, l’ormone dello stress, che, secondo un recente studio del Waisman Laboratory for Brain Imaging and Behaviour, è presente a livelli maggiori nel sangue di coloro che hanno trascorso il loro primo anno di vita con madri affette da depressione o in famiglie con problemi di coppia e finanziari.
Lo studio è stato condotto dal dottor Cory Burghy e pubblicato sulla rivista Nature Neuroscience. “Volevamo capire come lo stress possa influenzare lo sviluppo del cervello, tanto da portare ad ansia e depressione“, spiega Burghy.
“Le bambine che in età prescolare (3-5 anni) avevano livelli di cortisolo intensificati mostravano anche una connessione celebrale inferiore in importanti percorsi neurali per la regolazione delle emozioni, che avrebbero causato i sintomi dell’ansia durante l’adolescenza”.
Per giungere alla conclusione che lo stress vissuto nei primi anni di vita può portare allo sviluppo di disturbi dell’umore, il dottor Burghy ha esaminato 57 bambini, 28 femmine e 29 maschi, che aveva fatto parte di uno studio a lungo termine della University of Wisconsin-Madison, accorgendosi così che le ragazze con cortisolo alto verso i 4 anni avevano anche connessioni cerebrali più deboli. Solo successivamente gli scienziati hanno scoperto che avevano vissuto in case in cui le loro madri avevano riferito elevati livelli generali di stress, inclusi sintomi di depressione, frustrazione, conflitti coniugali, problemi finanziari.
Questi risultati sottolineano anche le differenze reazioni allo stress precoce di ragazzi e ragazze, fa notare il coautore Richard Davidson, professore di psicologia e psichiatria. “Sappiamo che le donne riportano livelli più elevati di disturbi dell’umore e di ansia, e queste differenze basate sul sesso sono molto pronunciate, soprattutto in adolescenza“, sottolinea Davidson, aggiungendo che lo studio “solleva importanti questioni per aiutare i medici nelle strategie di prevenzione di cui potrebbero beneficiare tutti i bambini”, come ad esempio un maggiore sostegno per giovani genitori o famiglie in difficoltà, anche per mitigare l’impatto dello stress sui loro neonati.
Roberta Ragni
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