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Fuori c’è il temporale? Chiamiamo mamma o un amico…

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Le variazioni climatiche possono spesso influenzare il nostro umore, ma sapevate che il tempo – inteso quello atmosferico – può influire anche sulle nostre abitudini telefoniche? È la curiosa scoperta fatta da un team di sociologi dell’Università di New Castle, secondo il quale quando è brutto tempo o il caldo è insopportabile, facciamo lunghe telefonate ai familiari più stretti o agli amici intimi.

Secondo i ricercatori, analizzare il comportamento umano osservando come usiamo il cellulare, può portare a risultati interessanti. “I telefonini sono diventati una parte indispensabile nella vita della maggioranza di noi – spiega Santi Phithakkitnukoon, l’esperto di social computing che ha condotto la ricerca – Questo implica che sono un mezzo formidabile per indagare e misurare con molta precisione le dinamiche sociali e le interazioni umane. Il tempo atmosferico influenza il comportamento umano: altera il nostro umore, il nostro grado di attività e perfino la salute. Accedendo ai dati d’uso del cellulare di un numero enorme di persone abbiamo potuto dimostrare che anche la “dipendenza da telefonino” che riguarda moltissimi di noi si modifichi a seconda del meteo”.

Gli studiosi hanno coinvolto 1.300mila portoghesi di Lisbona e dintorni, dei quali hanno raccolto, in forma anonima, i dati telefonici, monitorando il tempo passato al cellulare e i destinatari delle chiamate. Ebbene, dai risultati è emerso che, se fa troppo freddo o troppo caldo, se ci sono temporali in atto o comunque ci sono condizioni atmosferiche avverse, chiamiamo le persone a noi più vicine, forse come forma di consolazione. “Il nostro comportamento da “compulsivi del cellulare” che chiamano chiunque nel proprio network sociale lascia il passo a telefonate più intime e prolungate – continua Phithakkitnukoon – Vogliamo sentire chi è più legato a noi, isolarci in compagnia di chi amiamo di più”.

Il ricercatore ha utilizzato gli stessi dati anche per capire come ci muoviamo rispetto alle persone a noi più vicine, cioè il nostro raggio “geo-sociale”. “Tutti tendiamo a muoversi in un raggio di 20 chilometri al massimo dai nostri contatti sociali più frequenti: l’80% dei luoghi dove ci rechiamo ricade in questo spazio, nelle grandi città scende addirittura a 7 chilometri – afferma lo studioso -. Questi dati, ottenibili facilmente grazie ai sistemi di geolocalizzazione presenti su tutti i moderni telefonini, potrebbero rivelarsi utili agli urbanisti che debbano progettare spazi cittadini più adeguati alle nostre esigenze, che riflettano più da vicino come viviamo, lavoriamo e ci interfacciamo con gli altri”.

In altre parole, secondo il ricercatore, siamo “animali stanziali”, cioè non ci allontaniamo di molto dal raggio entro cui ci sono i nostri affetti.

Silvia Bianchi

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