Genio e follia son sempre andate di pari passo nell’immaginario collettivo. Ma si pensava fosse un modo di dire. E invece la creatività è davvero parente della follia!
A livello neurologico infatti i cervelli fantasiosi hanno caratteristiche simili se non a quelli patologicamente compromessi, a quelli malati di schizofrenia sì.
A dimostrarlo uno studio diretto da Fredrik Ullen, dell’istituto svedese Karolinska e pubblicato sulla rivista PlosOne. Le persone sane ma molto creative hanno dei deficit in alcuni recettori, proprio come nel cervello degli schizofrenici.
E in effetti la cosa non mi sconvolge più di tanto. Il “genio” – basti pensare a scienziati, scrittori, artisti – soffre spesso di disturbi dell’umore. Tanto più che, talvolta, le opere migliori sono dettate da sentimenti tristi o, al contrario, da picchi di euforia. Il tipico andamento altalenante non solo di schizoidi ma anche di chi ha un semplice disturbo bipolare.
Come allora funzionano i cervelli genialmente malati? Per capirlo, i ricercatori svedesi hanno anzitutto individuato persone con una creatività superiore alla media tramite test per il pensiero divergente – in genere richiedono di trovare quante più soluzioni possibili, nuove e sensate, a un dato problema.
Isolati quindi i volontari più fantasiosi, hanno esaminato le caratteristiche del loro cervello. Il sistema dopamminergico di persone sane e altamente creative ha alcune somiglianze con quello di chi soffre di schizofrenia.
I test con cui gli scienziati sono arrivati ad individuare le somiglianze tra cervello di chi soffre di disturbo mentale e quello di un creativo, si sono incentrati sulla dopamina, un neurotrasmettitore di cui mancherebbero appunto i ricettori – in particolare il D2 – sia nel caso di elevata capacità ideativa che nel caso di schizofrenia.
La zona più interessata è il talamo, quella specie di filtro cerebrale che setaccia appunto le informazioni che arrivano in quelle aree della corteccia responsabili, fra l’altro, della cognizione e del ragionamento. Se non funziona in modo “sano”, cadono quelle barriere che impediscono alla creatività di sfociare come invece capita nelle menti dei geni e, ovviamente, dei matti.
Ciò spiegherebbe la capacità di fare collegamenti insoliti in una situazione di problem solving e le bizzarre associazioni mentali fatte dai malati.
La creatività infatti non è solo novità rispetto al banale, ma lo è anche rispetto alla semplice bizzarria. Tra l’altro è correlata all’apertura alle nuove esperienze e inoltre è stato osservato che le persone altamente creative appartengono più spesso a famiglie in cui qualche membro ha sofferto di disturbi mentali. La genialità creativa avrebbe allora una parziale radice biologica, la stessa della follia.
Ma allora possiamo tirare un sospiro di sollievo noi persone un po’ eccentriche e sempre sull’ottovolante del nostro umore: siamo matte davvero!
“Pensare fuori dagli schemi sarebbe dunque possibile se c’è qualcosa che funziona un po’ meno negli schemi”,
conclude lo stesso Ullén.
Chi può allora sostenere dove sta il confine tra follia e sanità mentale?
Chi lo dice che i matti vivono in un mondo parallelo? Forse sarà un pochino slittato rispetto al piano della realtà perché loro, a differenza dei geni, non possono decidere quando aprire o chiudere il filtro della mente, come fosse il rubinetto della fantasia. Ma che sapore avrebbe la vita senza i colori della fantasia, senza le emozioni dei ricami, senza le teorie dei sogni?
Che gusto avrebbe senza un po’ di questa magia che è la follia?
Nello specifico, sarebbe emerso un deficit nel sistema della dopamina (uno tanti neurotrasmettitori che permette ai neuroni di comunicare tra loro) e di alcuni suoi recettori in particolare (D2) che consentirebbe il paragone tra il cervello.
I meccanismi cerebrali responsabili di questa correlazione restano ancora un mistero, ma secondo i ricercatori svedesi
“è significativo che l’alterazione sia stata trovata proprio nel sistema dopaminergico”.
Ricerche precedenti, infatti, avevano dimostrato che i geni del recettore della dopamina sono legati alla capacità di pensiero divergente. La stessa che in questo studio è stata testata quale indizio di creatività misurando la bravura nel trovare quante più soluzioni possibili a un problema.
“Quel che sappiamo ora grazie a questa indagine – spiega Fredrik Ullén, uno degli autori – è che le persone giudicate molto creative in base ai test sulla capacità di pensiero divergente hanno una minore densità dei recettori D2 nel talamo rispetto alle persone meno creative”, spiega Ullén. “Poiché la stessa alterazione era già stata osservata negli schizofrenici si può ipotizzare che in questo sistema neuronale possa risiedere la causa del legame tra malattia mentale e creatività.”