Sull’odio e sull’amore. Ecco i perché. “Ti odio, hai capito ti odioooo!!!“. Con questi o altri termini, alzi la mano chi tra voi non è mai esploso in manifestazioni esplosive di collera.
Spesso, la parola “odio” è la prima che ci viene in mente per esprimere un forte risentimento o un’accesa rivalità. Può trattarsi di un termine che diciamo senza rifletterci su più di tanto, eppure “odio” indica un sentimento veramente intenso, coinvolgente e travolgente come l’amore più passionale. Chi è profondamente innamorato è in grado di fare follie, parafrasando Moccia potremmo dire che cammina “Tre metri sopra il cielo”; è pieno di positività ed entusiasmo contagioso. L’amore, diciamolo, fa bene al cuore.
Anche il suo opposto, naturalmente, è in grado di incidere profondamente sui nostri stati d’animo. L’odio contribuisce allo sviluppo di un forte senso di negatività nella persona che lo prova; genera nervosismo, irritabilità, malessere. Queste le sensazioni evidenti all’esterno: ma come si generano?
Cosa avviene, cioè, nel nostro cervello, quando odiamo? Semir Zeki e John Romaya, neurologi del Wellcome Laboratory of Neurobiology presso la University College of London hanno recentemente effettuato la mappatura dei circuiti dell’odio. Per il loro studio, pubblicato sulla rivista PLoS One hanno chiesto ad alcuni soggetti di osservare le foto di persone odiate, monitorando l’attività del cervello di questi volontari attraverso la risonanza magnetica.
Cosa è emerso? I neurologi hanno potuto rilevare che, mentre gli occhi dei partecipanti allo studio erano fissi sulle foto di persone nemiche, nel loro cervello si accendevano parti della subcorteccia, area nella quale si concentrano i sentimenti primitivi, ma anche della corteccia, sede della componente razionale dell’uomo, della ragione e del pensiero.
È stato osservato che ad attivarsi in maniera particolare, quando si è pervasi da un sentimento fortemente negativo, sono le aree “putamen” ed “insula“, e che la loro attività è tanto più intensa quanto più profondi e radicati sono l’astio e l’avversione che si provano. Secondo i ricercatori questa scoperta può avere un’utile applicazione nell’attività investigativa e giudiziaria: monitorando l’attività cerebrale di persone sottoposte ad interrogatorio, attraverso la risonanza magnetica, sarebbe possibile giungere più velocemente ad accertare la loro colpevolezza.
È difficile già in condizioni normali dissimulare l’ostilità nei confronti di qualcuno: gli occhi che sembrano lanciare fiamme e dire “ti vorrei distruggere all’istante” sono spesso molto più eloquenti di qualsiasi parola. Pensate se il vostro nemico avesse la possibilità di sottoporvi a risonanza magnetica, proprio mentre siete davanti a lui! Il consiglio?
Cercate di essere più indulgenti, verso voi stessi e verso gli altri: anche se riuscite a nascondere l’attività del cervello, l’odio è sempre nocivo per il vostro cuore.
Francesca Di Giorgio