Si dice spesso che gli occhi sono lo specchio dell’anima e l’espressione più vivida delle emozioni di una persona. Sembra retorica, eppure è così. A confermarlo, lo studio di due ricercatori inglesi, Peter Hills e Michael Lewis, rispettivamente dell’Anglia Ruskin University di Cambridge e della Cardiff University.
Gli occhi, e soprattutto gli sguardi, sono un importante elemento di scambio sociale perché rappresentano in assoluto il primo meccanismo di interazione tra gli individui. Da essi, infatti, si apprende molto degli stati d’animo dell’interlocutore: se esso è di buon umore tenderà a guardare gli altri negli occhi, se invece è triste o depresso sfuggirà agli sguardi altrui.
Per arrivare ad una simile conclusione, i ricercatori hanno analizzato la capacità – del campione di 36 ragazzi poco più che ventenni preso in considerazione – di individuare piccole modifiche realizzate al computer sui particolari di una serie di volti. È stato così possibile scoprire quanto l’attenzione delle persone in quel momento allegre si soffermasse su ciascuna area del viso rispetto a persone che in quel momento erano tristi, depresse o emotivamente neutre.
Per poter disporre di ragazzi con quei particolari stati d’animo, i ricercatori hanno esposto i volontari a tre diverse musiche: il Requiem di Mozart, che ovviamente ha indotto tristezza, la sigla del telefilm A-team, allegra e spensierata, e la colonna sonora del film Caccia a Ottobre rosso, emotivamente neutra.
Il risultato? Con un simile esperimento si ha avuto la dimostrazione di come i differenti comportamenti tenuti dalle persone in diversi stati d’animo nell’esplorare i visi, sono di una certa rilevanza per le ripercussioni che hanno sulla vita di tutti i giorni e soprattutto sulle relazioni interpersonali degli individui.
Basta pensare alle persone timide o affette da fobia sociale: esse non guardano quasi mai negli occhi generando così nell’interlocutore una risposta fredda e distaccata e un livello di attenzione molto basso; tutto questo porta il timido ad avere una conferma della propria inadeguatezza e di conseguenza a chiudersi ancora di più nei confronti del mondo esterno.
C’è anche da dire poi che la tristezza, l’ansia e il timore portano l’individuo a cogliere in maniera sbagliata e con sfumature pessimistiche i comportamenti e gli sguardi degli altri. Tutti elementi sempre più discussi e affrontati nelle ricerche neuropsicologiche: si sono scoperte, infatti, delle aree del cervello particolarmente coinvolte nella valutazione dell’espressione facciale degli altri individui. È stato dimostrato, ad esempio – sostengono Hills e Lewis -, “che l’amigdala è attiva durante la percezione e la valutazione di espressioni facciali di paura. L’amigdala – continuano i ricercatori – è anche cruciale per le attività di cognizione sociale e in particolare per il giudizio dello stato mentale degli altri, basato sui loro occhi“.
È proprio il caso di citare Tiziano Terzani: “il consiglio che do a tutti è di cominciare ridendo e finire ridendo, con una gran risata“…
Fabrizio Giona