I romantici ne sono convinti da sempre: l’amore può qualunque cosa, perfino rendere più intelligenti. Non ci credete? Ci sono le prove, per giunta prodotte scientificamente.
L’ipotesi è che se un bimbo è amato ed è circondato dall’affetto dei cari, il suo cervello si espande di più: diventa insomma più intelligente. Stephen Suomi, primario del laboratorio di Etologia Comparativa del National Institute of Bethesda (nel Maryland), lo ha dimostrato con uno studio sulle scimmie. E poiché noi umani abbiamo in comune con gli scimpanzé il 99% del codice genetico, possiamo credere che valga anche per noi.
L’interazione gene-ambiente avviene durante lo sviluppo: tutto accade nei primi anni di vita e con l’adolescenza praticamente i giochi si chiudono. Perché? Tutta questione di biochimica cerebrale.
Suomi è riuscito a dimostrare come le relazioni di attaccamento sicuro a livello familiare formano un’attività cognitiva del cervello superiore e inoltre ha verificato che le relazioni affettivamente stabili forniscono agli individui la cosiddetta “resilienza“, ovvero la capacità di sopportare gli stress ambientali.
Contrariamente, un deficit di affetti nell’infanzia può generare una disfunzione del gene della serotonina, la “molecola della depressione“, come abbiamo visto nel nostro speciale.
E se pensate che quella del ricercatore sia una voce isolata, vi sbagliate. Per tre giorni in un convegno alla “Sapienza” di Roma, insieme all’etologo Suomi, si sono trovati insigni scienziati come il biologo Enrico Alleva (Istituto superiore di sanità), psichiatri come Massimo Biondi (direttore di Psichiatria alla Sapienza), Athanasios Koukopolus (direttore di Aretaus) e psicologi clinici come Adele De Pascale (facoltà di Medicina alla “Sapienza”) e tutti hanno ribadito la stessa cosa (ma le romantiche già lo sapevano) cioè che la mente nasce dalle emozioni.
Il congresso alla Sapienza dal titolo “Evoluzione, emozione, linguaggio, coscienza” secondo la professoressa De Pascale è un importante punto di arrivo in quanto “Si sancisce una conquista importante: la psicoterapia non litiga più con la psichiatria biologica“.
E spiega che questo è possibile grazie agli approcci cognitivi post-razionalisti, aggiungendo: “Anche le relazioni terapeutiche modificano la biochimica cerebrale“.
L’autentico trionfo delle emozioni!
Manuela Marino