Un importante studio della Stanford University, i cui risultati sono stati riportati anche su Le Figaro, mette in luce una verità già da tempo risaputa ma rimasta, fino ad ora, priva di conferme.
Il dolore fisico è più sentito dalle donne che dagli uomini. Comparare i risultati non è stato facile. Ogni malato usa termini propri per descrivere ciò che sta sentendo e ogni sensibilità è differente. Stabilire che una persona soffra più di un’altra è difficile.
Ai pazienti (più di 11000 persone), è stato chiesto di assegnare un punteggio che andava dallo 0- per l’assenza di dolore, a 10 -per il massimo del dolore pensabile. A parità di patologia le donne hanno segnato punteggi più alti del 20% circa. Per esempio, nel caso di un dolore articolare, le donne hanno segnato un punteggio medio di 6 contro i 4,93 degli uomini.
Questo risultato sembra dare ulteriore prova al comune pensiero che la sofferenza cronica sia appannaggio privilegiato della parte femminile della popolazione. Il dato è verificabile in qualsiasi conversazione. Una donna su due, se lasciata parlare per un periodo di tempo considerevole (più di un quarto d’ora), comincerà a descrivere minuziosamente la mappa dei dolori che –ahimè- la tormentano costantemente. Una prova? Chiedete a qualsiasi femmina, con aria ingenua “per caso ti fa male la parte inferiore della schiena, quella che si unisce al bacino?”. Oppure la classica domanda “soffri di mal di testa?”.
Se la donna nega, insistete per esaminare il contenuto della borsetta. Se nella magica appendice contenente di tutto non è presente nessun tipo di medicinale, nessuna pastiglietta, nessun calmante, nessuna goccina/fiore di Bach contro l’ansia, allora chiedetevi se la persona in questione non sia un uomo sotto mentite spoglie. Certo, ci sono anche molti uomini preoccupati dei malori improvvisi. Ma per una donna, girare senza il farmaco d’emergenza – non si sa mai che mi scoppi un mal di testa improvviso e tutte le farmacie siano chiuse e io debba tenermi il mal di testa perché non ho pensato di portarmi dietro una piccola compressa invisibile – è impensabile.
Lo studio americano spiega il fenomeno ricorrendo alle solite fluttuazioni ormonali. Pare che gli ormoni siano responsabili di tutto e del contrario di tutto. Stai bene? Sono gli ormoni. Stai male? Sono gli ormoni. Che la cosa sia legata alla presenza, nelle donne, del ciclo mestruale è notizia altrettanto ripetuta. Dunque, secondo questo concetto vagamente discriminatorio, soffriamo perché siamo timidi vascelli in preda alla furia ormonale, che ci fa depresse/gioiose/argute/tonte/sofferenti, senza che ne abbiamo controllo.
Il risvolto della medaglia è che gli uomini sentano meno dolore non perché siano più resistenti al male né perché accusino meno la sofferenza, ma semplicemente perché in realtà non sanno esprimerlo. Non hanno sufficienti parole e adeguato vocabolario per parlare del loro dolore, fisico e psichico.
Se le donne sono oppresse dalla volontà ormonale, gli uomini sono zittiti dall’incapacità di descrivere ciò che stanno sentendo. Ma anche dalla barriera culturale, che li vuole forti, energici e insensibili alla sofferenza. Per cui, ammettere che si sta soffrendo per colpa di un mal di qualcosa sarebbe poco virile.
La cosa importante, comunque, non è la quantità di dolore misurabile ma ciò che viene detto. Nel momento in cui una persona lamenta un dolore, questo va preso in considerazione, perché è espressione di un disagio che la persona sta vivendo. Niente più “ma va là, che non fa male”. Se qualcuno si lamenta è perché in quel momento sta accusando un malessere. Forse ascoltarlo e cercare di accoglierlo, potrebbe portare a una maggior serenità, da parte dei pazienti e di coloro che si prendono cura di loro.
Fiammetta Scharf