Per poter portare avanti con successo una cura dimagrante ci vuole uno sforzo abnorme. Soprattutto perché spesso si mangia indipendentemente dallo stimolo della fame ma solo per il puro piacere di farlo. Perché questo accade?
Lo studio
Uno studio preliminare realizzato da Palmiero Monteleone, del Dipartimento di psichiatria della Seconda Università di Napoli, e pubblicato sul Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism rivela il meccanismo che sta alla base di tale comportamento.
I ricercatori hanno esaminato un gruppo di giovani (uomini e donne) senza disturbi del comportamento alimentare sottoponendoli a due test, uno ad un mese di distanza dall’altro. Nello specifico, ai partecipanti è stato chiesto di consumare una colazione da 300 chilocalorie (77% di carboidrati, 10% di proteine e 13% di grassi) e subito dopo di quantificare il loro eventuale appetito residuo.
Dopo un’ora, è stato presentato a ciascuno di loro il piatto che avevano indicato come il preferito e chiesto di rispondere a tre domande:
- quanto appetito avessero;
- quanto forte fosse il desiderio del cibo che avevano davanti;
- in che porzione intendessero mangiarlo.
Dopo un mese è stato ripetuto lo stesso test con l’unica differenza che ai volontari è stato chiesto di mangiare, al posto del loro piatto preferito, un preparato senza sapore ma con le stesse calorie.
Il risultato
Nonostante nessuno avesse più fame dopo la colazione, tutti hanno ceduto alla tentazione e consumato il piatto. In quantità maggiore nella prova con il cibo preferito rispetto a quella successiva con il cibo insapore.
La differenza tra le situazioni deriva dalle reazioni biochimiche all’interno dell’organismo. Ovvero dal diverso dosaggio dell’ormone grelina (che stimola l’appetito) e di uno specifico cannabinoide (sostanza chimica di origine naturale).
Quando infatti i partecipanti al test gustavano il loro piatto preferito, la dose di grelina e del cannabinoide naturale nel sangue aumentava in maniera significativa e restava alta per un paio d’ore. Quando invece mangiavano la pietanza insapore il livello di queste sostanze scendeva progressivamente.
Ciò dimostra come si mangia spesso anche quando non si ha fame, solamente per la vista di un alimento invitante. E come l’uomo – che per migliaia di anni ha lottato per la conquista del cibo – sia programmato per accumulare cibo in vista di carestie.
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“I risultati ottenuti, in collaborazione con il Gruppo di ricerca sugli endocannabinoidi del Laboratorio di chimica biomolecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Pozzuoli – spiega il Professor Monteleone – sono solo preliminari ma suggeriscono la direzione in cui andare per capire che cosa sostiene il bisogno di gustare un succulento gelato con panna montata anche alla fine di un ricco pasto”.