Le persone anziane che formulano pensieri negativi sul futuro hanno maggiori probabilità di vivere più a lungo rispetto ai coetanei ottimisti. Lo hanno scoperto gli autori di una ricerca pubblicata dalla American Psychological Association sulla rivista Psychology and Aging, guidati da Frieder R.Lang. Come? Esaminando i dati raccolti nel decennio 1993-2003 in Germania su 40.000 persone tra i 18 e i 96 anni.
I partecipanti sono stati divisi in base all’età: da 18 a 39 anni, da 40 a 64 anni e 65 anni e oltre. Mediante delle interviste, è stato chiesto loro di valutare il livello di soddisfazione della propria vita al momento della domanda e passati cinque anni. Proprio dopo cinque anni dal primo colloquio, il 43% del gruppo più anziano aveva sottovalutato la propria soddisfazione di vita futura, il 25% l’aveva predetta con precisione e il 32% l’aveva sopravvalutata, secondo lo studio.
Sulla base del livello medio di cambiamento nella soddisfazione di vita nel corso del tempo per questo gruppo, gli scienziati hanno potuto determinare che ogni aumento della sopravvalutazione della soddisfazione futura era legata a un aumento del 9,5% nel riportare delle disabilità e del 10% di morte. “I nostri risultati hanno rivelato che l’essere troppo ottimisti nel prevedere un futuro migliore è stato associato a un maggior rischio di disabilità e di morte entro il decennio successivo“, ha detto Lang, della University of Erlangen-Norimberga, in Germania.
“Il pessimismo sul futuro può incoraggiare le persone a vivere con più attenzione, prendendo giuste misure di salvaguardia della salute“, aggiunge l’autore, spiegando che, però, i risultati non contraddicono le teorie che l’ottimismo sul futuro a volte può aiutare le persone a sentirsi meglio quando si trovano ad affrontare inevitabili conseguenze negative, come, ad esempio, malattie terminali. Ma questi nuovi risultati “hanno gettato nuova luce sul punto di vista medico per aiutare o ostacolare azioni che possono contribuire a migliorare le nostre possibilità di una vita lunga e sana“, conclude Lang.
Roberta Ragni
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