Vi siete sempre interrogati sul perché fede e scienza non vanno d’accordo ma non siete mai riusciti a trovare una spiegazione plausibile? Ora uno studio pubblicato sulla rivista Science rivela la motivazione reale.
La colpa sembrerebbe essere del cervello, strutturato in modo tale da non permettere ad una persona di ragionare come uno scienziato e contemporaneamente credere in Dio. Le due cose sono incompatibili da un punto di vista fisiologico. L’uomo, infatti, utilizza due diversi sistemi cognitivi per elaborare le informazioni ricevute: uno lento e analitico (come il pensiero scientifico), l’altro veloce, intuitivo e legato alla sfera emotiva (caratteristico della fede).
Partendo da tale presupposto i ricercatori hanno intervistato 93 studenti universitari, chiedendo loro di valutare la propria fede. Qualche settimana dopo, agli stessi ragazzi è stato chiesto di decodificare alcune frasi che contenevano parole come riflettere e razionale, di leggere un testo scritto in caratteri difficili o di guardare una foto della scultura “Il pensatore” di Rodin. Dopo di che gli è stato chiesto nuovamente di valutare la loro fede. Il risultato? Si è registrata una importante riduzione della valutazione della loro credenza nel soprannaturale. Identico risultato per i 148 adulti intervistati on line.
“Pensare abitualmente in modo analitico – spiegano gli studiosi – può essere una delle ragioni per cui scienziati tendono a essere scettici e a non credere. E ciò suggerisce che l’esposizione alla scienza possa erodere la fede, non per scoperte come l’evoluzione, ma semplicemente promuovendo il pensiero analitico”.
C’è però da dire che molte altre cose incoraggiano la religiosità, la paura della morte ad esempio, e dunque non si può affermare che solo promuovendo il pensiero analitico si può scalzare la fede; ci sono altri fattori che vanno considerati.
Fabrizio Giona