È la scoperta fatta dall’Ircs Fondazione S. Lucia, il cui studio, condotto a Roma in collaborazione con l’Associazione di psicoterapia cognitiva, è pubblicato sulla rivista Human Brain Mapping.
Il team capitanato da Marco Bozzali, ha scoperto quali aree vengono coinvolte nel famigerato senso di colpa che tante volte opprime i più deboli e che, invece, non sfiora nemmeno chi non ha il pelo sullo stomaco. Quali sono queste zone? La corteccia del cingolo anteriore e di quello posteriore. Una ricerca molto utile al fine di terapie psicologiche e comportamentali più specifiche.
Ma cos’è il senso di colpa? È quel nodo allo stomaco che ci opprime quando le decisioni che dobbiamo prendere, o che abbiamo già preso, hanno conseguenze o sul comune pensare – e in questo caso si parla di senso di colpa etico o deontologico – o quando creano effettivi danni, per nostra responsabilità o meno, sugli altri – trattasi qui di senso di colpa altruistico. È ovvio che lo studio è molto importante non solo dal punto di vista morale appunto, ma anche da quello neurologico: capire quali aree vengono coinvolte in un’attitudine a volte distruttiva per alcune persone, può aiutare davvero a riabilitarle. Tanto più che la percezione di cosa sia giusto o ingiusto – sia in generale che in particolare verso determinate persone che rappresentano per i soggetti “malati” autorità imponenti – può essere alterata proprio da lesioni cerebrali varie – traumi cranici, ischemie, tumori. Ed è ovvio che questa percezione distorta del reale possa avere conseguenze nel comportamento sociale, rovinando la vita a persone con ossessioni compulsive e spesso distruttive.
Ma vediamo in cosa è consistito l’esperimento e in cosa i suoi risultati. L’equipe della fondazione ha esaminato, presso il suo Laboratorio di Neuroimmagini, un campione di 72 volontari sani di età compresa tra i 21 e i 38 anni, sottoponendoli a stimoli visivi scatenanti il senso di colpa. Successivamente le stesse immagini sono state sottoposte ad altri 22 individui, sempre sani della stessa età. Tutti hanno dovuto svolgere un compito di immedesimazione emotiva e tutti sono stati monitorati con risonanza magnetica funzionale (RMN) per, letteralmente, fotografare cosa succedeva nel cervello e per immortalare quali aree venissero scosse in correlazione alla scossa emotiva impressa emotivamente dal senso di colpa stesso. Indipendentemente dal tipo di colpa evocata, due sono le aree cerebrali selettivamente attivate: come suddetto, la corteccia del cingolo anteriore e di quello posteriore, entrambe zone, si sa da tempo, coinvolte nelle più alte funzioni cognitive. Esiste quindi, ed è finalmente stato dimostrata, una correlazione tra senso di colpa e cervello!
Ma non è tutto. La ricerca ha anche scoperto che le trasgressioni nel campo morale – il rimorso cioè nei confronti del senso comune – attivano aree diverse da quelle che danneggiano effettivamente gli altri – il vero pentirsi per aver fatto un torto o il sentirsi in colpa per un danno ingiustamente subito da altri non per causa nostra. Nel primo caso viene attivata l’insula, struttura cerebrale basilare nell’esperire disgusto verso stimoli esterni e interni; nel secondo caso l’area attivata è la corteccia prefrontale mediale, quella cioè implicata nelle attività cosiddette pre-sociali, legate cioè all’interpretare non solo i comportamenti, ma anche gli stati d’animo degli altri. Per tanto lo studio ha dimostrato che il senso di colpa coinvolge circuiti cerebrali cognitivi ben diversi, anche se, ovviamente, in certo modo dipendenti dal soggetto in questione. Ed è proprio per questo che può essere davvero l’inizio di una comprensione più approfondita dei disturbi ossessivo-compulsivi e della depressione, ma anche di alcuni comportamenti sociali psicopatologici derivanti da malattie neurologiche che si basano su un’elaborazione saturata di emozioni complesse, come appunto il senso di colpa appunto. Queste alterazioni possono infatti contribuire a far nascere e ad acuire tali disturbi. È un enorme passo avanti perché finora erano state studiate dal punto di vista neurologico solo le emozioni elementari come rabbia, tristezza, gioia e paura.
Ma come si può applicare questa relazione tra danno cerebrale e disturbo comportamentale in ambito clinico e neuro abilitativo? A spiegarlo il prof. Carlo Caltagirone, Direttore scientifico della Fondazione Santa Lucia: “Modificazioni del senso morale sono frequenti in conseguenza di alcune lesioni cerebrali e di traumi cranici anche non gravi; quindi la comprensione delle basi neurobiologiche del senso di colpa ci permette di migliorare gli interventi riabilitativi, cognitivi e comportamentali che rivolgiamo ai pazienti. È già stato ipotizzato che alterazioni nell’elaborazione di specifici sensi di colpa possono contribuire a disturbi quali i comportamenti ossessivi e compulsivi oltre che alla depressione. Anche in questo caso, quindi, una più precisa comprensione del ruolo svolto dal senso di colpa potrà agevolare lo sviluppo di terapie comportamentali mirate“.
Valentina Nizardo