L’ansia è un’esperienza molto diffusa, vero. Ma questo termine viene usato sempre più spesso anche per indicare altro. L’Anxiety Disorder Association of America cerca di fare chiarezza nella giungla di tutto ciò che viene definito con leggerezza come ansia.
Fortunatamente, non tutti quelli che provano l’ansia si ammalano di un disturbo d’ansia. Diventa un disturbo patologico, che va curato quando è eccessivo, quando compromette l’attività lavorativa e sociale o provoca un disagio prolungato ed intenso.
Se, ad esempio, si deve sostenere un colloquio di lavoro, magari per un posto a cui aspiriamo da tempo, ci si si può sentire tesi, inadeguati, impauriti. In questo caso si può parlare di ansia “buona”, perché lo stress è reale e giustifica lo stato d’animo. Questo tipo di ansia è quella che ci consente di stare in allerta, per elaborare le risposte più appropriate alle novità.
Ma se si provano le stesse sensazioni, o anche più intense, quando non c’è nessuna giustificazione reale, allora si può parlare di un’ansia patologica, quando cioè scatena un disagio profondo, costante e, soprattutto, un “malfunzionamento” dell’individuo, un’alterazione dei comportamenti. La “soglia” oltre cui si parla di una vera patologia può perciò variare da una persona all’altra, a seconda del carattere, ma anche a seconda dell’ambiente, spiega la Lidap, Lega Italiana contro i Disturbi d’ansia, da Agorafobia e da attacchi di Panico. “Vivere o meno in città, la classe sociale di appartenenza, il tipo di lavoro sono tutti elementi che possono incidere sulla percezione della “disabilità” che deriva da un disturbo d’ansia“, conferma Liliana Dell’Osso, direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Pisa.
Altra leggenda da sfatare è il fatto che il disturbo di panico possa essere controllato evitando le fonti di stress: “le condotte di evitamento magari riducono frequenza e intensità degli episodi, ma compromettono le condizioni del paziente che si demoralizza, prova sensi di colpa e di inadeguatezza, diventa dipendente da figure di riferimento che lo rassicurano, con il risultato che l’autonomia si riduce ulteriormente e che ci si auto-svaluta sempre più“, spiega Dell’Osso.
Allora è bene ricordare che l’ansia comprende sia sintomi fisici (tachicardia, difficoltà respiratorie, sbalzi della pressione arteriosa, sudorazione, tic, tensione muscolare, stanchezza, irrequietezza), sia sintomi psichici (apprensione e preoccupazioni ingiustificate, sensazione di pericolo, difficoltà di concentrarsi e di ricordare, sensazione di testa confusa). Ma da questo disturbo si può guarire, sia nei casi gravi che in quelli meno gravi: dipende dalla bravura di chi ci aiuta e dalla nostra volontà di tornare a vivere una vita normale. Chi vuole liberarsene deve combatterla.
Roberta Ragni