Già, è davvero difficile essere donne con la D maiuscola. Già i nostri nonni –ahi noi– dicevano: “cuoca in cucina, signora in salotto e amante a letto”.
Oggi, a questi “semplici” compiti se ne sono aggiunti a migliaia: essere una buona madre, essere una donna in carriera, non trascurare gli amici, le relazioni sociali, lo stile. E poi, mantenersi sempre in forma e giovane, sfidare prima la sindrome premestruale e poi la menopausa, restare al passo con la tecnologia, etc. etc. etc.
Potremmo continuare oltre, ma al solo pensiero potrebbe venirvi un attacco di panico. Di quelli veri, visto che il 70% delle vittime di questo brutto disturbo sono donne.
Sono dati dell’Associazione Europea Disturbi di Attacchi di Panico (Eurodap). Non solo: il 40% di queste donne vittime di DPA soffrono o hanno sofferto anche di ansia, depressione, disadattamento. E non si tratta solo di una questione ormonale.
È che siamo così, “dolcemente complicate”… ma anche troppo vulnerabili e troppo caricate di aspettative. Decenni di femminismo hanno avuto i loro esiti positivi, ma forse, anzi, sicuramente, le care vecchie casalinghe di Voghera di una volta avevano meno pensieri. E meno paure.
Tra le cause degli attacchi di panico (sperimentati, almeno una volta nella vita, dal 15% della popolazione mondiale), in prima linea c’è l’ansia, un’ansia ingovernabile, accumulata, eccessiva. Specie per le donne tra i 25 e i 40 anni, laureate, che abitano in centri metropolitani caotici, e che magari, nella vita di tutti i giorni, sono anche abituate ingoiare bocconi amari à go-go, senza una valvola di sfogo.
Il DPA è, insomma, la punta di un iceberg, e quando compare, invece di andare a sbatterci contro a mo’ di Titanic, è sempre meglio fare un viaggetto negli abissi, magari in compagnia di uno psicoterapeuta, per capire cosa c’è sotto.
La componente ereditaria non va trascurata: non come causalità necessaria, ma come elementi predisponenti. Il “clima” nel quale si è cresciuti, un ambiente ansiogeno, l’ansia da separazione, la tendenza al controllo. Oltretutto, i successivi eventi della vita possono trasformare gli elementi predisponenti in elementi precipitanti, specialmente se c’è in gioco la minaccia di una perdita (che sia del lavoro, dell’amore, della casa o di una persona cara).
Come riconoscere un DPA?
Sudorazione, tachicardia e senso di soffocamento sono tra i primi sintomi, ma i successivi possono manifestarsi in maniera molto soggettiva e disomogenea. Quasi sempre, si ha però la sensazione di una morte imminente.
Le terapie più efficaci, come detto, sono la psicanalisi, la psicologia comportamentale, l’approccio farmacologico e l’agopuntura associata all’omeopatia. Spesso queste terapie devono essere attuate in contemporanea.
Ma soprattutto, l’attacco di panico è un segnale che il nostro corpo ci manda: dobbiamo fermarci, respirare, prenderci cura di noi. Scendere dal treno impazzito della donna perfetta a tutti i costi, e accomodarci su una strada più lenta, serena, comoda. C’è in gioco la nostra salute.