Internet ha rivoluzionato il mondo, è un dato di fatto. Ma nella società 2.0 sono molte le preoccupazioni che riguardano il suo utilizzo e le infinite possibilità offerte da questo strumento: eccessivo e incontrollato accesso ai siti porno, inaffidabilità delle informazioni reperite, anche in campo medico, diminuzione della capacità di concentrazione, dipendenza, depressione e via dicendo.
Ma avreste mai sospettato che il continuo utilizzo dei motori di ricerca stesse cambiando il nostro modo di imparare, ricordare e catalogare le cose? Uno studio americano della Columbia University di New York delinea i tratti di un futuro fatto di memorie collettive digitali e di persone con minori capacità mnemoniche.
La ricerca, pubblicata su Science, ha coinvolto gruppi di studenti universitari in vari esperimenti, volti a capire in che modo l’uso di Internet abbia modificato le nostre capacità mnemoniche, riscontrando, ad esempio, che tanto più le domande erano attinenti a termini legati a Internet, quanto più i ragazzi si dimostravano lenti e inefficaci nelle risposte. Nel caso di parole estranee alla rete, come “nike” o “target”, invece, gli studenti risultavano più rapidi e preparati.
“Internet è un’interfaccia; ha reso il nostro sistema di memoria transattiva molto più connesso con cose a cui non avremmo avuto accesso in altra maniera – spiega Betsy Sparrow, autrice della ricerca, – facciamo sempre più affidamento su di esso, ma abbiamo anche accesso a molte più informazioni”.
La rete sta diventando, insomma, una sorta di memoria collettiva esterna al nostro cervello. Comoda e utile, certo, ma a quale prezzo?
Roberta Ragni