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Procrastinare? Sì, lo farò domani

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Ci sono azioni che proprio non abbiamo voglia di fare. Quando il pensiero di dover portare a termine una cosa ci pesa come se fosse la peggiore delle condanne, tendiamo a procrastinare, cioè a spostare in avanti il momento in cui ci dedicheremo alla suddetta operazione. Il risultato? Un totale disastro.

Rimandare è una pratica dannosa, poco utile, priva di benefici reali e per nulla gratificante. Fa sentire male chi vi ricorre e non aiuta in modo costruttivo a districarsi dagli impegni.

In alcune giornate pronunciare la frase “oggi, no, questo posso rimandarlo a domani” ci sembra l’unica soluzione possibile. Quando il peso di una situazione diventa eccessivo, ecco che scatta il meccanismo per cui si sceglie di non affrontare la questione in quel momento, ma di riservarla ad un altro tempo, quando la forza fisica, morale o anche solo l’umore, saranno migliori. Ma il problema vero sta tutto lì: nel momento in cui scegliamo di rimandare qualche cosa, decidiamo di non affrontarla.

I motivi per cui fuggiamo, davanti ad un problema, sono i più vari. Ma non è una mera questione di accidia o di pigrizia. Non avere il coraggio di dedicarci a ciò che ci capita è un segno di malessere che dovrebbe essere ascoltato e recepito. La sensazione di costrizione o di rabbia che proviamo nel pensarci in una determinata situazione è la dimostrazione che c’è un disagio.

Nessuno muore dalla voglia di pagare le bollette. Ma se lo facciamo, è perché siamo coscienti di avere alcuni doveri nei confronti del mondo e riuscire a coprire tutto ciò che dovremmo ci fa sentire realizzati. Chi non si pone mai il problema, probabilmente ritiene che siano gli altri a doversi occupare di lui.

Quando, in particolar modo, la questione è difficile e spinosa, come il fatto di affrontare certi argomenti con il partner o magari il dover porre fine ad una relazione, rimandare significa non essere disposti ad assumersi la responsabilità del gesto. A nessuno piace l’idea di spezzare il cuore ad un altro. Ma restare in una situazione stagnante solo per convenienza significa non amare per nulla se stessi né l’altra persona. Mentre invece, nascondere qualcosa di importante all’altro è la spia di una crepa nel rapporto, perché riteniamo che quel qualcosa vada protetto e abbia un valore che l’altro non condividerebbe.

Ma, soprattutto, rimandare è un atto di autolesionismo, perché vuol dire vivere con la mente in un futuro che non esiste. Perché l’unica dimensione che abbiamo a disposizione, come insegna la filosofia orientale, è l’oggi. Vivere qui e ora, stare nel momento presente, gustando tutto ciò che ci offre, è l’unico modo per assaporare la bellezza che la vita ha da offrire.

Rimandare, inoltre, vuol dire aver profondamente paura di mettersi in gioco. Perché sentire la potenza di certi sentimenti, di un amore importante, per esempio, è spaventoso, perché ci mette a confronto con la paura del rifiuto e dell’abbandono. Se non concedo il mio cuore a nessuno, nessuno potrà ferirmi. E le ferite d’amore, si sa, sono quasi mortali.

Aspettarsi un futuro meraviglioso, quando il presente è una vera schifezza, è un modo per non voler vedere la realtà e per non capire – ancora – che ciò che ci capita è nostra responsabilità.

Cosa fare? Agire, subito. Con la coscienza che le emozioni forti sono ciò che ci fa sentire vivi e pieni di senso.

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Non perdersi ad aspettare un tempo che verrà, perché quel tempo potrebbe non esserci. Se si desidera qualcosa o qualcuno, bisogna avere il coraggio di rischiare e protendersi per afferrarla.

Trovare piacevolezza in ogni cosa, in modo che il domani non sia il cestino dei rifiuti dove si accumulano le azioni scartate nell’oggi.

Mettersi in gioco, rischiare, cambiare vita o semplicemente il punto di vista su noi stessi… Perché aspettare vuol dire essere semplici spettatori della propria esistenza e perdere il gusto di essere gli splendidi protagonisti del nostro oggi.

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