Se pensate che l’aumento della longevità sia dovuto alle migliori condizioni di vita, vi sbagliate. Si vive più a lungo grazie alla presenza delle nonne, che aiutano le proprie figlie nella crescita dei nipoti.
Lo rivela uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B che, attraverso la simulazione dell’evoluzione degli scimpanzé nel corso di 35 mila anni, ha elaborato la cosiddetta “ipotesi della nonna“, la quale sarebbe valida anche per gli esseri umani.
La ricerca è stata condotta da un team di studiosi dell’Università dello Utah guidato dall’antropologa Kristen Hawkes, in collaborazione con il biologo e matematico Peter Kim, ricercatore dell’Università di Sydney, ed ha dimostrato che gli scimpanzé simulati, dopo aver raggiunto l’età adulta, vivevano mediamente altri 25 anni.
I ricercatori, però, dopo aver osservato attraverso un sistema matematico un periodo di simulazione di 24 mila-60 mila anni, durante i quali le nonne scimpanzé si occupavano dei nipoti, hanno scoperto che i primati simulati, dopo aver raggiunto la maturità, potevano vivere in media altri 49 anni, raddoppiando così l’aspettativa di vita successiva al raggiungimento dell’età adulta.
“La presenza delle nonne che aiutano i propri figli nell’allevamento dei nipoti – spiega l’antropologa – è stato il primo passo verso la realizzazione di ciò che siamo”.
Dai risultati delle simulazioni emerge che è la presenza della nonne a fare la differenza nell’aumento dell’aspettativa di vita tra gli scimpanzé. Secondo l’ “ipotesi della nonna”, infatti, le nonne scimpanzé, aiutando le proprie figlie a nutrire i nipoti dopo lo svezzamento, permettono loro di avere altri figli, dunque una prole più numerosa. Per tale motivo, poi, le femmine che hanno la possibilità di diventare nonne possono trasmettere il proprio patrimonio genetico ad un maggior numero di discendenti, aumentando quindi la possibilità di avere nipoti che vivono più a lungo.
In base a quanto scoperto, dunque, avrebbe meno importanza l’ipotesi che, invece, collega la longevità all’aumento delle dimensioni del cervello, secondo quanto sostenuto sinora da molti antropologi.
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